Ma selezionare esseri umani fa paura

Einstein diceva che la ragione è come un paracadute. Bisogna che si apra, altrimenti sei morto. Non sono un moralista cattolico. Sono una persona che cerca di ragionare. Dunque, cosa dire davanti alla vicenda dei due gemellini spagnoli, l’uno appositamente selezionato per salvare la vita dell’altro? Dico che cosa fatta capo ha. Siamo felici che stiano bene. A paracadute aperto, però, bisogna anche essere disposti a discutere con lealtà e sincerità se sia ragionevole e umanamente conveniente - dunque se le leggi civili debbano approvarla o no – questo modo di fare che comporta la selezione eugenetica degli esseri umani. C’è chi sostiene, come nel caso spagnolo, che qualunque sia la strada intrapresa per curare e salvare una vita umana, quella è una strada giusta. Di qui deriva una constatazione, che non è di principio astratto, ma di realtà effettuale, cogente, verificabile immediatamente: qual è la giustizia, il diritto, il bene che viene conclamato in questa posizione? In tutta evidenza è la giustizia, il diritto, il bene dell’essere umano più forte. Cioè del vivente – mettiamo che quel vivente sia il sottoscritto - che letteralmente «mette le mani addosso», manipola e, al limite, dato che ho la potenza tecnica per farlo, produco un altro essere umano secondo le caratteristiche, le aspettative e i bisogni miei. Non c’è bisogno di essere Agostino da Ippona o Immanuel Kant per dubitare con la propria testa che questo modo di fare sia giusto e rispettoso dell’elementare diritto umano altrui. Vi sembra giustizia modificare o selezionare geneticamente un embrione umano perché faccia da cavia o da medicina alle cure e alle ricerche altrui? O non vi sembra piuttosto la posizione comoda (e incontestabile da chi parola e potere non ha) di uno che comanda e decide per il proprio bene, e un altro che può soltanto subire? Ecco perché l’eugenetica che fu cacciata dalla porta, sia dei programmi di pace (Svezia) sia di quelli di guerra (Terzo Reich), va combattuta anche oggi, allorché cerca di rientrare dalla finestra della bontà, delle buone opere e dei diritti umani. Poiché la prima bontà, la prima buona opera, il primo diritto umano è dichiarare l’indisponibilità della debole, senza parola e senza difese vita altrui. È dichiarare tabù l’eugenetica (così come, già scrissi su queste pagine, l’eutanasia). E tabù anche l’eugenetica che si farebbe per il miglior ideale del mondo.

Dichiararla fuori legge perché non ci siano esseri umani che un giorno alzino il pugno (o i mitragliatori) in faccia a noi e ce ne chiedano conto (speriamo non prima di spararci) con domande tipo: «Scusa, ma chi ti ha autorizzato a farmi a misura dei tuoi desideri?» «Come ti sei permesso di usarmi come un tuo pezzo di ricambio?» «Perché non ti sei informato o hai finto di non sapere che ai tempi di Zapatero, di Gordon Brown e di Obama hanno voluto mettere le mani sugli embrioni umani non perché i viventi allora erano pii, buoni, umanitariani, ma perché una filiera veramente impressionante di brevetti sugli embrioni umani stava per essere immessa nel circuito dei commerci sanitari e utilizzata per produrre pezzi di ricambio per i malati o come cavie per la ricerca di laboratorio, e tutto ciò avveniva all’insegna non del bene dell’umanità, ma del potere e dei denari, del dominio e dei profitti?».

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