«Il differenziale (la differenza tra prezzi italiani ed esteri, ndr) c’è ed è di 3-4 centesimi e i motivi sono strutturali e sono quelli conosciuti: la scarsa diffusione dei self service, una costosa rete capillare dovuta alle caratteristiche del territorio, gli impianti che come fonte di guadagno non possono affidarsi alla vendita di prodotti diversi e infine la mancanza di punti vendita presso i supermercati. Detto questo c’è un problema in più, che rende in ogni caso impossibile un paragone serio tra i prezzi italiani e quelli stranieri: ed è il sistema di rilevamento, che è calcolato in tempi diversi e su tipologie diverse. Alcuni misurano solo i prezzi del market leader, altri misurano punti di vendita a rotazione, altri ancora applicando dei coefficienti di correzione, noi, in Italia, invece guardiamo il prezzo ufficiale nazionale. Sono parametri che possono essere paragonati solo su tempi lunghi: tra marzo e maggio in Italia erano più bassi, ma nessuno diceva niente».
Va bene, e i vostri prezzi?
«Di solito tutti i ragionamenti si fanno riferendosi al prezzo consigliato su base nazionale. Noi, invece, i prezzi li stabiliamo in base alla situazione concorrenziale locale lasciando un margine di manovra al gestore, un fenomeno ignorato dal sistema di rilevamento: ieri tra il prezzo consigliato e quello più basso, praticato nel punto più competitivo c’era una differenza di 61 millesimi, nell’ordine di grandezza a cui si fa riferimento nel dibattito di questi giorni».
Ma siete alti o no?
«Ieri siamo scesi di 3 centesimi sulla benzina. E in ogni caso siamo stati gli unici che fino a fine luglio abbiamo comunicato le nostre variazioni specificando quanto ci scostavamo dal prezzo internazionale. Sono numeri pubblici che dimostrano che la storia della doppia velocità è totalmente falsa: dal giugno 2005 al giugno 2007 il prezzo della benzina è cresciuto di 5 millesimi, mentre l’accisa totale sui carburanti è salita di 6. In sostanza ci abbiamo perso un millesimo. Questi dati siamo pronti a discuterli con chiunque».
E l’idea di vendere presso gli ipermercati?
«Negli ultimi anni abbiamo aperto 26 punti di vendita presso la grande distribuzione che avranno un impatto sugli impianti meno efficienti: li vorremmo aiutare a vendere altri generi perché possano stare a galla, ma ottenere le licenze di vendita è quasi impossibile».
Ma è vero che si dovrebbero chiudere impianti?
«Per un po’ di anni c’è stata questa tendenza, che nel 2006 si è invertita e sono stati aperti 50 nuovi punti vendita.
«In Italia il 30% del venduto è self, il 70% servito. All’estero il 90% self, il 10% servito. I clienti italiani preferiscono essere serviti. Lo sa che in certe zone presso i distributori automatici notturni c’è l’extracomunitario che fa il rifornimento e intasca la mancia? E anche un solo euro è molto di più della differenza di prezzo tra self e servito».
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