Politica

Il Senato dà il via libera alla nuova giustizia

«L’ipotesi che Ciampi non firmi è fantascienza»

Emanuela Fontana

da Roma

I magistrati proclamano lo sciopero, il Senato risponde con il via libera alla riforma giudiziaria. Tre giorni dopo l’annuncio della protesta dell’Anm, il disegno di legge sulla giustizia supera l’esame di palazzo Madama. È la prima reazione della maggioranza alle proteste dei giudici, che hanno deciso di incrociare le braccia giovedì 14 luglio. Nei giorni scorsi il ministro della Giustizia Roberto Castelli aveva avvisato i senatori di non cedere ai condizionamenti della magistratura. L’Anm, proclamando lo sciopero, aveva ribadito che la riforma è un «regolamento di conti» che non migliora la situazione della giustizia.
Centoquarantasei voti a favore, 106 contrari e un astenuto: maggioranza contro opposizione, senza franchi tiratori o colpi di scena nel centrosinistra. Manca ora un solo passaggio alla Camera per il ddl che già una volta il presidente Carlo Azeglio Ciampi aveva rinviato al Parlamento per correzioni. E potrebbe essere una tappa in scioltezza per il governo, dal momento che Castelli lascia aperti tutti gli scenari: «Alla Camera non escludo la fiducia». Il testo della riforma, che prevede, tra i punti più contestati dall’Anm, la separazione delle carriere tra giudici e Pm, potrebbe quindi passare così come il Senato lo ha approvato, con la blindatura della fiducia in cui si chiederà il voto sul governo. Castelli pensa già a Ciampi: «Se il capo dello Stato non la firma, ne prendo atto. Ma francamente mi pare un’ipotesi fantascientifica». Indubbiamente soddisfatto («oggi è una giornata felice per il Parlamento) il Guardasigilli ha avvisato che alla Camera «non c’è spazio per cambiamenti. Se dovessero passare emendamenti a questo testo la legge sarebbe morta per mancanza di tempo». E nella remota ipotesi che a Montecitorio tutto dovesse andare storto «non ho nessuna intenzione di dimettermi», ha puntualizzato.
Il testo approvato dal Senato è una riforma «fondamentale per il futuro del Paese e che recepisce in pieno i rilievi fatti dal capo dello Stato», commenta il sottosegretario alla Giustizia Jole Santelli, mentre il capogruppo di Forza Italia, Renato Schifani, precisa: «È una buona riforma, spero che i magistrati la apprezzino. La sinistra avrebbe criticato qualunque legge». «Sono stati i poteri forti - sottolinea il relatore della legge, Luigi Bobbio di An - a ritardarne l’iter». Da sinistra arrivano dichiarazioni di fuoco: «Oggi si è compiuto l’assassinio della giustizia italiana - attacca il capogruppo dei Verdi al Senato, Stefano Boco -. Il centrodestra è stato aiutato dal ministro della Giustizia, l’uomo giusto per compiere il killeraggio». Massimo Brutti, responsabile giustizia dei Ds, promette: «Ora continueremo con rigore e intensità la nostra battaglia alla Camera». L’Associazione nazionale dei magistrati scrive in un comunicato che «è un giorno triste per il Paese».
La separazione delle funzioni prevista dalla riforma impone che dopo cinque anni di servizio ogni magistrato debba decidere se essere Pm o giudice. Potrà ripensarci, ma dovrà cambiare distretto e sottoporsi a una serie di esami e valutazioni. Durante la prova orale del concorso, inoltre, ogni magistrato dovrà essere sottoposto a un «colloquio psico-attitudinale», un punto su cui ha molto insistito Forza Italia. Vengono modificati i limiti di età per il passaggio a incarichi direttivi: è questa la ribattezzata norma-Caselli, perché toccherebbe proprio l’attuale procuratore di Torino. La riforma impone poi norme più severe per l’azione disciplinare e controlli semestrali sugli incarichi extragiudiziari dei magistrati, mentre tra le correzioni apportate dopo i rilievi di Ciampi la riforma-bis ha eliminato il potere del ministro della Giustizia di impugnare davanti al Tar le delibere del Consiglio superiore della magistratura sugli incarichi dei magistrati.
Il sì è arrivato non senza che l’aula registrasse una caduta del numero legale alla prima votazione sugli emendamenti finali.

Prima dell’approvazione, Castelli aveva zittito l’opposizione anche sulle accuse di grandi manovre nella Cdl per stringere un patto tra Forza Italia e Lega e approvarsi a vicenda le leggi sulla giustizia e la ex Cirielli (che riduce i tempi di prescrizione dei reati): l’ipotesi è «una malignità frutto di menti bacate».

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