Senato in ferie forzate per paura di votare

L’opposizione denuncia l’inattività di Palazzo Madama: "Per evitare di soccombere il governo non ci propone nulla o ci tappa la bocca con la fiducia". Il record negativo di sedute a dicembre e gennaio, con 5 giorni di Aula

Senato in ferie forzate per paura di votare

Roma - Sarà pure una maggioranza di carta velina, costretta a ricorrere a mille acrobazie e al soccorso dei senatori a vita per assicurarsi la sopravvivenza. Ma la questione dello stato di inattività quasi permanente del Senato inizia a diventare una questione politica e a investire le istituzioni nel loro complesso. Sul piede di guerra c’è la Casa delle libertà che detta dichiarazioni di fuoco e si prepara a girare la questione al presidente Giorgio Napolitano. Ma anche dentro l’Unione i malumori non mancano. E sempre più spesso ci si chiede come portare avanti una navigazione parlamentare talmente travagliata da far scattare persino episodi di «auto-ostruzionismo», tali da consentire l’arrivo di senatori ritardatari o rimandare le sedute più a rischio.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ci sono i numeri, impietosi, dei giorni lavorati a fornire una fotografia dello stato comatoso in cui versa Palazzo Madama. Se a settembre il Senato ha lavorato sette giorni, a ottobre ha raggiunto la doppia cifra con dodici giorni. La curva, però, torna a scendere a novembre con nove giorni di seduta. E a dicembre e a gennaio tocca il picco negativo con 5 giorni di aula. Un impegno ridottissimo che non ha impedito ai senatori di incassare una pausa durata dal 19 dicembre al 23 gennaio. Non solo: molte sedute sono durate non più di un’ora e hanno trattato argomenti di rara irrilevanza. Il perché lo sanno tutti: la maggioranza ha solo un voto in più quando va bene, e quasi mai va bene.
Se poi si prendono i numeri della scorsa legislatura e si fa un confronto il panorama diventa ancora più sconfortante. Sono trascorsi 312 giorni dalle elezioni, 294 dall’inizio della legislatura. A questo punto della scorsa legislatura (ovvero al 21 marzo 2002) il Senato aveva prodotto 2175 voti e aveva approvato 73 leggi. In questa legislatura si è votato, invece, 7 volte di meno, ovvero 334 volte, e le leggi approvate sono state 20. Un calo di produttività impressionante che, in una qualunque azienda, determinerebbe l’immediata rimozione dell’amministratore delegato e dell’intero cda.
«Questi numeri non sono figli della pigrizia del Senato quanto piuttosto dell’arrogante inerzia del governo» spiega Lucio Malan, coriaceo senatore di Forza Italia arrivato ad occupare l’aula per protesta contro l’uso sistematico della fiducia. «Il punto è che l’esecutivo o non ci propone nulla o ci tappa la bocca con la fiducia. Abbiamo il tempo di discutere una grande quantità di mozioni ma sui provvedimenti veri tutto si risolve in un attimo con la fiducia». Ci sono altri numeri a dimostrare il carattere pressoché ornamentale della nostra Camera Alta. Dall’inizio del 2007 fino al 12 febbraio il Senato ha votato 18 volte. Una sorta di minimo storico visto che nel 2002 i voti erano stati 88. Nel 2003, 315. Nel 2004 e nel 2005 le votazioni erano state rispettivamente 78 e 44. Fino al record del 2006 con ben 407 votazioni.
L’immobilismo di Palazzo Madama si ripercuote almeno in parte anche sulla Camera. «La maggioranza» spiega Antonio Leone, vicecapogruppo di Fi, «aspetta le iniziative del governo. A nessuno importa nulla di portare davvero avanti i provvedimenti perché i leader sanno bene che rischiano di cadere al Senato. Purtroppo questa situazione va a danno di tutto il Paese. Basta pensare che in tutto il 2007 abbiamo approvato un solo provvedimento». I dati di Montecitorio, in effetti, seppur meno catastrofici, sono anch’essi preoccupanti. Alla Camera, dal 28 aprile al 6 febbraio, ci sono state 1778 votazioni e sono state approvate 36 leggi.

Nella settimana appena trascorsa ha lavorato 9 ore e 40 minuti, in quella immediatamente precedente 10 ore e 7 minuti. Il virus dell’inattività, insomma, si allarga. E dopo i senatori part-time, anche i deputati iniziano a gustare lo status di lavoratori a tempo ridotto.

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