"Il senatore di D’Alema mi chiese notizie"

Il senatore del Pd Alberto Maritati - dalemiano, sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi e amico di vecchia data dell’avvocato della D’Addario, Maria Pia Vigilante - nell’estate 2009 chiese informazioni all’ex pm barese Pino Scelsi sulle indagini che riguardavano Tarantini appena perquisito

di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica

Il senatore del Pd Alberto Maritati - dalemiano, sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi e amico di vecchia data dell’avvocato della D’Addario, Maria Pia Vigilante - nell’estate 2009 chiese informazioni all’ex pm barese Pino Scelsi sulle indagini che riguardavano Tarantini appena perquisito. E lo fece su incarico di Roberto De Santis, dalemiano di ferro. A riferirlo è proprio Scelsi, nel suo interrogatorio a Lecce su Laudati, procuratore di Bari indagato. «Laudati mi disse che a Roma si era sparsa la voce che la fuga delle notizie pubblicate sul Corriere della Sera, preceduta dalle dichiarazioni di D’Alema (quelle sulla «scossa nel governo», ndr) (...) era a me addebitabile, o che comunque io avrei contribuito (...). Risposi che non avrei avuto alcun interesse a danneggiare la mia indagine con improvvide rivelazioni, e che peraltro dalla stessa indagine risultava che Tarantini era legato ad ambienti vicini all’area politica di D’Alema (...). Feci presente a Laudati che io personalmente avevo avuto richieste di informazioni da parte di Alberto Maritati, vicino all’ambiente di D’Alema, e che avevo categoricamente rifiutato di dare notizie, come tra l’altro risultava da alcune conversazioni intercettate sull’utenza di De Santis, persona assai vicina a D’Alema e suo compagno di barca».

DALEMIANI PREOCCUPATI
Dalle intercettazioni, prosegue Scelsi, «risultava sia l’incarico dato da De Santis a Maritati di raccogliere informazioni (…), sia la risposta di Maritati che aveva riferito a De Santis l’impossibilità di avere alcuna informazione (…)». Un episodio che Scelsi avrebbe raccontato anche al predecessore di Laudati, Marzano, e all’ex coordinatore della Dda Marco Di Napoli. Interessante anche alla luce di una dichiarazione di Tarantini in un verbale di novembre 2009, di cui parla anche Scelsi nel suo interrogatorio: «Angelillis (uno dei due pm che Laudati affiancò a Scelsi, ndr) aveva chiesto al Tarantini di riferire sui suoi rapporti con De Santis e Tarantini aveva dichiarato di essersi rivolto, dopo le perquisizioni, a De Santis chiedendogli di attivarsi presso qualche politico presumibilmente vicino ai magistrati. A detta di Tarantini, De Santis non aveva mai dato risposta». Dunque, se non era nell’interesse di Tarantini, per conto di chi Maritati e De Santis avevano cercato informazioni?

«MI MANDA ALFANO»
Scelsi non risparmia stoccate a Laudati che prima dell’insediamento, a suo dire, tenne una riunione coi finanzieri Bardi, D’Alfonso e Paglino: «Laudati fece un discorso chiaro, che era molto amico del ministro della Giustizia, che “gli aveva concesso l’onore del tu”, e che in virtù di quest’amicizia aveva garantito per me, così impedendo l’avvio dell’attività ispettiva sul mio operato. Aggiunse che era stato mandato a Bari per conto del ministro della Giustizia».

IL COMPLOTTO «ROSSO»
Anche l’altra pm del caso escort, Eugenia Pontassuglia, ha riferito che tra i temi da sottoporre a Gianpi in uno degli interrogatori, «si era individuato quello dell’esigenza di comprendere (…) i rapporti tra De Santis, Tarantini e D’Alema (che da alcune intercettazioni risultava essere presente in Sardegna nello stesso periodo in cui c’era Tarantini, agosto 2008) e se vi fosse collegamento» tra questi e il rapporto «che la D’Addario aveva avuto con Berlusconi», per valutare «la possibilità che vi fosse stato un

accordo tra i tre in virtù del quale Tarantini avesse messo in collegamento D’Addario con Berlusconi (ipotesi che la Pontassuglia alla luce degli atti dice «poter essere esclusa», ndr)». Tanti indizi, non fanno un complotto.

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