Odorare il profumo del pane appena sfornato e sentire all'improvviso «l'acquolina in bocca», assaggiare una pietanza e ritornare dun tratto con la mente a un episodio della propria infanzia, annusare un profumo e commuoversi pensando a una persona cara: è capitato a tutti di provare, almeno una volta nella vita, sensazioni simili.
E proprio sullo studio e lutilizzo di tali meccanismi si sta orientando da un paio di anni a questa parte il marketing. Dopo aver puntato tutto sul marchio - il cosiddetto brand, si pensi a nomi come Nike o McDonalds -, le multinazionali e non solo loro si sono rese conto che i consumatori vivono ora una fase di rigetto, stufi di essere omologati e inseriti in rigidi target di consumo legati alla marca e ai «valori» che questa incarna. Così, per fidelizzare lacquirente, ora la parola dordine è «marketing dei sensi», basato sui processi inconsci che avvengono nel cervello quando si ascolta, gusta, odora, tocca e guarda qualcosa.
E a questo tema tre giovani professionisti hanno dedicato un libro, Marketing dei sensi, cinque sensi per vendere e comprare, edito da Lupetti e presentato giovedì scorso allo Ied. Fra loro, Marialuisa Tonielli, considerata uno dei migliori «nasi» al mondo per quanto riguarda grappe e vini ed esperta di psicologia della percezione: «I ricordi olfattivi sono estremamente potenti a livello inconscio - spiega -. Un essere umano è in grado di memorizzare milioni di odori, ai quali associa emozioni e ricordi. Un fatto cruciale per il marketing: diffondendo ad esempio profumi e fragranze nei punti vendita, si fa sentire il consumatore accolto e avvolto in una sensazione di benessere che spinge all'acquisto, perchè linterpretazione degli odori avviene nelle zone del cervello legate proprio alle emozioni».
E anche l'udito gioca un ruolo fondamentale: dai jingle pubblicitari ai concerti sponsorizzati da grandi marchi - un esempio fra tutti, l'«Heineken Jammin' festival» -, la musica ha assunto un ruolo centrale nel suscitare emozioni positive legate al brand. Ed è stato appurato a livello scientifico che generi musicali diversi spingono ad atteggiamenti d'acquisto differenti: una musica rilassante porta a non accorgersi del tempo che passa facendo shopping, mentre un brano ritmato renderebbe più «spendaccioni».
«Le aziende hanno sempre più un approccio polisensoriale - spiega uno degli autori, Gianfranco Virardi, esperto di marketing strategico -. Quando si crea un prodotto si pensa ormai sia a come apparirà alla vista, ma anche a quanto sarà buono da annusare, saporito, piacevole al tatto e all'udito. È provato ad esempio che nell'acquisto di un'auto, la maggior parte degli uomini valuta la qualità della vettura dal rumore che fa la portiera quando viene aperta e chiusa. Le case automobilistiche investono molto denaro per perfezionare questo dettaglio».
Allo stesso modo, gusto e tatto ricoprono un ruolo essenziale per certi prodotti: un tempo infatti si poteva comprare solo a scatola chiusa, mentre ricerche di mercato dimostrano che la possibilità di tastare e maneggiare i prodotti ha in alcuni casi aumentato i livelli di vendita del 40 per cento. E campioni omaggio e degustazioni di alimenti rassicurano il consumatore sulla validità di un prodotto, sollevandolo dal rischio di delusione insito in un acquisto «al buio».
«Il marketing dei sensi ha radici lontane - conclude Alessandro Miani, medico e coautore del libro -.
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