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Sensini: «Creo i velisti di domani»

da Milano

Alessandra Sensini ha conquistato tre medaglie olimpiche. Bronzo ad Atlanta, oro a Sydney, bronzo ad Atene. L'ultima medaglia è amara: partita per l'ultima regata in testa alla classifica, in mare ha poi perso due posizioni. Poteva tranquillamente vincere, ma è andata diversamente. L'impresa, tre medaglie in tre edizioni diverse, è comunque grande: «Adesso capisco che non ero abbastanza serena - dice -, ero arrivata alle Olimpiadi con troppi problemi».
Dopo quello di atleta, adesso ha un ruolo organizzativo anche all'interno della Federvela con cui collabora attivamente. Il suo allenatore di sempre, Luca De Pedrini, avrà sostanzialmente il ruolo tecnico della squadra olimpica. Tra le cose che ha già fatto Alessandra c'è l'organizzazione delle scuole vela realizzate in collaborazione tra Luna Rossa e la federazione Italiana Vela: «Sono già operative quattro sedi: lo Yacht Club Italiano a Genova, l'Adriaco di Trieste, il circolo Remo e Vela Italia di Napoli e il Club Nautico di Rimini. Ogni circolo ha quattro derive 555, barche disegnate per fare scuola in equipaggio. L'anno prossimo sarà la volta di altre quattro scuole e altre quattro nel 2007».
Le piccole barche, disegnate dall'architetto Silverio della Rosa che ha vinto una gara indetta dalla Fiv, sono decorate come Luna Rossa. «La preparazione dei ragazzi avviene soprattutto sugli Optimist - aggiunge Alessandra - e questo crea fin dall'inizio piccoli timonieri che non sanno condividere i diversi ruoli in equipaggio. Ma la vela è uno sport di squadra, e lo dico io che sono sempre andata in surf da sola, e bisogna imparare da subito a condividere». Alessandra ha studiato anche il programma di insegnamento, è intervenuta nei programmi e nelle materie. Tra breve, forse, potremo parlare di «metodo Sensini». Ma il compito di Alessandra è di più ampio respiro: «Ora abbiamo molti buoni atleti di alto livello, una buona base di ragazzi ma ci manca la fascia media. Molti si perdono per strada. Adesso vogliamo lavorare per dare alla vela una nuova fisionomia, far scoprire quegli aspetti dello sport che il pubblico non conosce. Spesso l'immagine della vela è legata a eventi da cui non emerge il vero valore atletico di chi partecipa. C'è qualcosa che non funziona. Ho grande rispetto per la Coppa America e a Valencia mi sono divertita, ma non c'è solo quella. Anche il nostro sport si sta evolvendo, basta guardare le foto di qualche anno fa e vedere come il fisico sia cambiato, sia più allenato. La vela di alto livello non può essere più un hobby».
È la discussione di sempre: la difficoltà a trovare protagonisti da emulare e per cui fare il tifo, la difficoltà del pubblico a riconoscere quali siano le regate «vere» da quelle che invece hanno un buono sponsor che fa tanta comunicazione crea quella confusione di contenuti che molto spesso tiene lontana la vela dalla famiglia dei «veri» sport. Salvo accorgersi ogni quattro anni che esistono le Olimpiadi dove partecipano i talenti assoluti. «A me hanno dato molto e vedo che anche i grandi campioni della Coppa amano partecipare quando possono. Restano un grande traguardo, il migliore. Non ho ancora deciso se partecipare alle prossime in Cina, io e altri surfisti ci siamo dati un anno di tempo per decidere. Le condizioni del campo di Quingdao sono di vento debole e poi devo capire come va questa nuova tavola. Per il momento ne sono arrivate solo due in Italia e non più di quindici in Europa.

È tutto da scoprire».

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