Sente gridare e chiama il 113 La polizia arresta lo stupratore

In molti Paesi del Sudamerica il vero «macho» è quello che non deve chiedere mai, soprattutto se vuole prendersi una donna. Così avrà pensato l’ecuadoregno che è saltato addosso all’ex fidanzata. Così deve aver pensato anche la sua coinquilina che non ha fatto caso alle invocazioni di aiuto. L’unica a non pensarla così è stata la vittima che, quando ha visto la polizia chiamata da un vicino, non ha avuto esitazioni a raccontare la violenza subita e far arrestare l’uomo.
È il triste epilogo di una storia d’amore tra Wilman Gerardo Romeno Aguilar, 41 anni, e una trentasettenne, su cui, com’è prassi, la polizia non ha fornito alcuna indicazione. Entrambi sono ecuadoriani, regolari in Italia e senza alcun precedente o denunce, come del resto la cinquantenne coinquilina del «macho», con cui divide l’appartamento di Legioni Romane 55. L’anno scorso i due si lasciano, ma Romero non si rassegna e bracca instancabile la sua ex. Telefonate, richieste di incontri, tentativi di riconciliazione. Nessuna violenza o minaccia però, per cui lei sopporta paziente senza pensare minimamente a una denuncia per «stalking».
L’altro giorno lui la chiama per un ultimo chiarimento, lei si reca fiduciosa all’appuntamento e poco dopo le 14 suona al campanello di via Legioni Romane e sale a casa dell’ex fidanzato. Che in breve si trasforma in bruto: la trascina a forza nella camera da letto e chiude la porta. Cosa succeda dentro lo «sente» il vicino che chiama la polizia per segnalare le invocazioni della ragazza che urla ripetutamente «aiuto» e «basta, basta». Così forte che lo sente anche il poliziotto dall’altra parte della cornetta. Dopo pochi minuti arriva la volante e i poliziotti suonano al campanello del vicino che indica la porta dell’appartamento. Altro scampanellio e la coinquilina apre la porta, gli agenti entrano e vedono subito la ecuadoregna con i vestiti in disordine, piena di graffi e lividi sul volto. Più tardi la visita medica evidenzierà anche morsi su tutto il corpo.
I poliziotti varcano la porta e trovano il sudamericano steso sul letto, ancora sudato e trafelato. A questo punto iniziano a verbalizzare. La vittima racconta della sua relazione con l’uomo, della richiesta di un incontro, dell’aggressione. Lui ascolta a testa bassa.

Gli agenti si rivolgono giustamente anche all’amica dello stupratore chiedendole come abbia fatto a non sentire le grida, visto che via telefono erano arrivate sino in via Fatebenefratelli. E lei senza battere ciglio ha risposto che sì, le grida le aveva sentite distintamente, ma non ci aveva fatto più di tanto caso, perché riteneva rientrasse nella normale «dialettica» tra fidanzati anche se ex.

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