Cronaca locale

Sentire con gli occhi l’arte della fede

La Compagnia di Gesù al centro di un’originale rassegna espositiva

Ferdinando Maffioli

Metà agosto 1534, Montmartre. Alcuni studenti dell’università Parigina s’incontrano per mettere in forma concreta le loro tensioni ideali. Sono sette, di diverse nazionalità: accanto al francese Pietro Favre e al portoghese Simon Rodrigues ci sono gli spagnoli Alfonso Salmeron, James Lainez, Nicholas Bobadilla, Francisco Xavier e Ignazio di Loyola. Si ritengono compagni di viaggio di Gesù e per questo si legano con i voti di povertà, castità e obbedienza. Era nata la Compagnia di Gesù, confermata pochi anni dopo, il 27 settembre 1540, da una bolla di Paolo III. Alle spalle di quei «giovani» (Ignazio ha 43 anni) c’erano le tensioni e le fratture create nella vita della Chiesa da Lutero (l517), davanti la lunga e complessa controriforma che si avvierà con il Concilio di Trento.
Quest’anno la Compagnia di Gesù ricorda il fondatore sant’Ignazio di Loyola, a 450 anni dalla morte, e alcuni dei suoi primi compagni. E per celebrare questo evento, la galleria San Fedele ha organizzato una mostra di opere antiche e contemporanee, alcune appositamente realizzate per questo appuntamento: «Sentire con gli occhi. L’arte della Compagnia di Gesù: annuncio di fede e promozione della giustizia», rassegna aperta fino al 27 maggio.
Non si tratta di un percorso sulla storia dell’Ordine, quanto di alcuni lavori in grado di offrire un ventaglio di esperienze e di spunti di riflessione per poter cogliere il significato, autentico e attuale, della Compagnia. Per questo, opere antiche dialogano con opere contemporanee, condividendo la medesima tensione che sempre ha animato l’Ordine per l’annuncio della fede e la promozione della giustizia. Artisti rinascimentali come Ambrogio Figino sono così accostati a maestri del Novecento come Fontana e Sironi e a contemporanei, come l’americano Phil Sims, il fotografo Giovanni Chiaramonte, Giancarlo Marchese. E ancora le opere del Cerano e degli intagliatori barocchi, i fratelli gesuiti Taurino, sono affiancate alle reinterpretazioni di William Xerra. Ad alcune splendide opere barocche, tra le quali un Carlo Maratta inedito, fanno da controcanto le installazioni di Marcello Mondazzi, Lena Liv, Lawrence Carroll e Pietro Coletta.
Ci sono anche due sezioni fotografiche: l’una, storica, è una selezione d’archivio della rivista missionaria «Popoli»: sono immagini (soprattutto) della prima metà del Novecento che documentano, anche in modo ironico e divertente, il lavoro apostolico dei gesuiti in Oriente; l’altra comprende il reportage di Alberto Muciaccia e documenta l’attenzione della Compagnia per il mondo «dell’immigrazione», attraverso alcune immagini del lavoro del JRS (Jesuit Refugee Service), presso il Centro Astalli e il Centro Arrupe di Roma.


In via Hoepli sono presenti anche alcune opere di gesuiti, come Giovanni Poggeschi, Anselmo Perri, Fratel Venzo e Guido Bertagna: artisti che comunicano la loro fede non tanto e non solo attraverso le loro immagini, quanto attraverso il senso della loro ricerca e della loro tensione spirituale.

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