«Senza coesione tra le parti non si va da nessuna parte»

nostro inviato a Cernobbio

Anche la «coesione», come la «fiducia», può diventare un valore in senso tecnico nel dibattito politico-economico che ruota intorno alla crisi. Ne è convinto Alberto Quadro Curzio, preside delle facoltà di Scienze Politiche all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Professore, non trova che il livello dello scontro, nella politica e tra le istituzioni italiane, sia fuori luogo, nel mezzo della crisi?
«Credo proprio di sì. Va evocato il termine-concetto di “responsabilità repubblicana”, che dovrebbe vedere tutti quelli che hanno responsabilità politiche-istituzionali, economiche e sociali misurare adeguatamente tanto le loro valutazioni, quanto le azioni. Il Paese ha bisogno di una forte coesione per concorrere al superamento di questa crisi di portata mondiale».
Partiamo dal profilo politico-istituzionale.
«Per quanto riguarda le due parti politiche, vanno trovati punti di convergenza: la dialettica politica, senza per questo smorzare la democrazia, deve lasciare il passo a soluzioni praticabili, che diventano priorità».
E che dire delle banche? E del rapporto con le istituzioni: sono accusate di lesinare sul credito.
«È vero che nell’erogazione del credito si registrano vischiosità, ma ora con l’accesso ai cosiddetti Tremonti-bond la situazione migliorerà di molto. E va detto che con i bond lo Stato non entra nel capitale delle banche: questo è un punto cruciale. Allo stesso modo l'ipotesi che i prefetti svolgano un ruolo di controllo sulla erogazione del credito non mi trova d'accordo sia per ragioni di principio, sia che per ragioni di competenza. In attuazione del principio di sussidiarietà trovo invece utile che rappresentanze nazionali, settoriali, territoriali di imprese e rappresentanze omologhe del sistema creditizio stabiliscano liberamente momenti di valutazione congiunta della situazione per meglio cooperare».
E come la mettiamo con la responsabilità delle parti sociali?
«Le forme associative di rappresentanza delle forze sociali, come Confindustria e sindacati, devono dialogare con qualsiasi governo. I sindacati in particolare hanno sì la responsabilità dei loro iscritti, ma anche quella del Paese: dunque sappiano trovare il modo di dialogare in un momento come questo, come bene sta facendo la Cisl».
Fino a questo momento gli interventi del governo a sostegno dell’economia sono stati sufficienti, o si poteva fare di più?
«Gli sforzi dei ministeri di Tremonti e Sacconi sono apprezzabili, pur avendo margini per ulteriori miglioramenti.

La social card, per esempio, è stata una scelta per andare incontro a persone in oggettiva difficoltà. Fare di più? Con il debito al 105% del Pil per un’eredità pluridecennale, destinato al 110% tra due anni, abbiamo un paletto che rende tutto più difficile. Abbatterlo ci farebbe correre rischi giganteschi».

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