da Milano
Sabato pomeriggio saranno in piazza San Babila. «Per noi non è una novità andare in quella piazza» chiosa Ignazio La Russa. «Si tratta del primo di una serie di eventi che si concluderanno a febbraio, sempre a Milano, con la conferenza programmatica del partito». Gnazio e tutto lufficio politico di An si ritroveranno nella piazza di cui Giorgio Almirante in doppiopetto gli vietò la frequentazione (da missini) a partire dal 1973.
Appuntamento doc per i malpancisti e per quelli che, dalle diciassette di domenica scorsa, tentano di capire dove sta il loro futuro. «Siamo ancora choccati. Penso a Ignazio che era il maggior assertore del partito unico e che, in un battibaleno, è stato tradito da una scelta politica unilaterale» annota lavvocato Michele Mardegan, consigliere comunale, che rappresenta per An il collegamento con il mondo del volontariato cattolico. E che, guarda un po, già vede lasse «Udc-Di Pietro- An». «In quel caso li abbandono al loro destino» fa sapere Gianfranco De Nicola, ex consigliere comunale di Milano, ex vicesindaco di Segrate e oggi capogruppo provinciale di An. Anche lui sarà a San Babila: «Tutti insieme ci leccheremo le ferite. Sì, le ferite perché luscita politica di Silvio Berlusconi è paragonabile allazione di uno squalo in una pozzanghera dacqua dove nuotano pesciolini rossi». Ride Gianfranco, «il Cavaliere ha sparigliato il gioco e parlato con la voce della ggente che vuole mandare a casa Prodi ma soprattutto pretende un governo che davvero governi».
Be, anche La Russa and co. vorrebbero Prodi a casa? «Guaglio, quelli so ragazzi con le armi spuntate. Gente che senza Silvio ritorna, La Russa escluso, a fare il custode della sezione di An, come qualche maggiorente di oggi appena sbarcato dalla Puglia lo faceva della sede missina di via Mancini nel 1975». Ergo? «Quelli sono costretti a tornare indietro. Dove? Ma sulle ginocchia del Cavaliere perché da soli non sanno dove andare, non sanno camminare». De Nicola sa che le parole sono pietre e che, una parola di più, si ritrova sbattuto fuori dal partito, «chi se ne fotte, non sarò da solo». E «comunque», aggiunge, ci sono quelli «che già sono fuori pur restando dentro». Il pensiero corre a chi non vive lincubo di tornare nel ghetto, come accade in queste ore agli uomini di An milanese. «Cè un vicepresidente della Lombardia che ogni due per tre fa sapere quantè bello, buono e bravo Roberto Formigoni. Cè lassessore della giunta Moratti che si mette in prima fila alluscita ambrosiana di Francesco Storace. E cè il consigliere regionale che da due legislature viene eletto nella fila di An e che critica An con gli elettori che la premiano di cinquemila preferenze» annota unaltra voce critica dal Comune. «Tutti mai messi davanti alle loro responsabilità, mai messi sotto commissione disciplina».
«Siamo tutti sotto choc. Siamo al punto di partenza, dopo 13 anni. Che fare? Il salto di là, con Silvio? One moment please, vediamo che succede. Questa non è proprio loccasione per pigiare sullacceleratore». Avanti, con calma, magari tentando di sottolineare la scelta «identitaria di An», come sostengono i colonnelli di Fini, ovvero «rimarcare la differenza e i valori». Operazione non indolore, che rischia di lasciare dietro feriti, «soprattutto donne». Segue elenchino, che vi risparmiamo per deontologia professionale.
Ma dalla sede di An a Palazzo Marino cè chi sta già tentando di mettere a segno unoperazione con obiettivo il capodelegazione, «riprova che stanno, stiamo alla frutta» sostiene un ex assessore regionale. «Piccolo cabotaggio, meschinità di chi sa di vivere alla giornata. Che fare? Lo dica La Russa. Certo, oggi rischiamo di perdere un pezzo di elettorato a favore del Partito del Popolo». Ipotesi che Mardegan ritiene impossibile (o quasi): «An si sta dimostrando un partito moderato, molto più di Forza Italia. Questo attrarrà voti».
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