Sequestro di Barbara, confessa la banda Ora le verifiche dei Ris

Dopo Giromini confesanno anche i due arrestati della notte. Alessandra Cerri, 60 anni, la carceriera (nella foto il covo). E Giuseppe Lettini, 42enne, autore materiale del sequestro. Ritrovata anche la pistola usata nel rapimento. Soddisfazione del procuratore Laudi: "La motivazione? I soldi facili"

Sequestro di Barbara, 
confessa la banda 
Ora le verifiche dei Ris

Novara - Giromini ha tenuto duro un paio di giorni. Già di più di quanto avevano prolungato il sequestro. Alessandra Cerri e Giuseppe Lettini, i due carcerieri di Barbara Vergani, arrestati ieri sera dopo la confessione resa da Giromini, hanno resistito solo una notte. Poi hanno reso "dichiarazioni concordanti tra loro - afferma il procuratore aggiunto di Torino, Maurizio Laudi - e con quelle della giovane sequestrata". Soddisfazione in questura a Novara: "Il quadro investigativo è ormai completo" continua il magistrato della direzione distrettuale antimafia. Alla base del gesto delle tre persone, che ora rischiano una condanna a 20 anni di prigione, ci sarebbe stata "la motivazione più ovvia e immediata: fare soldi facili", dichiara Laudi.

La svolta Decisiva ieri sera. Quando Virgilio Giromini, l'uomo di 46 anni arrestato lunedì notte con l'accusa di essere stato la mente del rapimento, è crollato. La pista, imboccata fin dall'inizio dai carabinieri e dalla polizia (quella della banda casereccia) era giusta. Subito è partito il blitz che porta a scoprire il covo e a far scattare le manette ai polsi dei complici, una donna e di un uomo. I nuovi arrestati sono Alessandra Cerri, 60 anni, che nel suo piccolo appartamento di Ghemme (Novara) aveva allestito la prigione per Barbara, e Giuseppe Lettini, 42 anni,di Borgomanero (Novara), muratore. L'uomo, originario di Trani (Bari), è stato arrestato nella sua abitazione sotto gli occi di moglie e due figli. La donna è stata la baby sitter dei figli di Giromini e della sua compagna Stella Vetrano ("lei non sapeva nulla", sostiene il compagno).

Il piano "Sono degli spiantati", dice un investigatore. Alessandra Cerri aveva una piccola ditta artigiana di confezioni che è fallita. Adesso lavora a cottimo come sarta. Un fallimento alle spalle ce l'ha anche Giromini. Cerri e Lettini non si conoscono. Giromini conosce Carlo Vergani, l'imprenditore edile del suo paese, Miasino. Ha lavorato nell'albergo Ramada della vicina Oleggio, di cui Vergani è comproprietario, ha fatto lavori di giardinaggio nella villa dell'industriale. Matura il proposito di sequestrargli uno dei tre figli (Patrick, Marco o Barbara) per spillargli una bella somma di denaro.

La ricostruzione La Cerri è alla guida della Renault Megane station wagon di Lettini. Attendono Barbara sabato notte in via Fornari, a Borgomanero, a due passi dal negozio equo e solidale in cui lavora come volontaria. Quando la ragazza sale sulla sua Peugeot 206 Lettini balza a terra, spacca il vetro posteriore con una mano bendata e la trascina fuori. Ha un cappuccio, un giubbino rosso e una pistola. La ragazza viene legata, incappucciata e messa nel bagagliaio della Renault che parte per Ghemme. Imprudenze a non finire: Lettini ha abitato in via Fornari fino a poco tempo fa, la vettura non è rubata, ma la via è poco frequentata e nessuno assiste alla scena. Altra imprudenza: la prigione è nell'appartamento di Alessandra Cerri, al primo piano di un condominio di tre piani. È evidente che il sequestro non potrebbe durare a lungo. "Non ci siamo accorti di nulla", dicono ora i condomini, stupiti. La banda vuole fare in fretta, per questo Giromini telefona subito a Carlo Vergani: "Abbiamo tua figlia, vai in ditta troverai un biglietto". Sul foglietto la richiesta: 4 milioni di euro. Scatta la caccia di carabinieri e polizia e nel piccolo alloggio la paura cresce. Domenica verso le 23 l'ostaggio viene rilasciato sulla strada Borgosesia-Novara, forse utilizzando la macchina di Cerri, una Citroen Saxo, ora sotto sequestro come la Renault Megane, una macchina da scrivere trovata nella prigione e il giubbino rosso di Lettini.

Le indagini Giromini entra subito nel mirino degli inquirenti. Il primo indizio è una fotocopiatrice. Le due sim usate per telefonare a Carlo Vergani sono state acquistate con la fotocopia della carta d'identità di un cliente dell'albergo L'Approdo dove lavora la sorella di Giromini, Piera. Le sim vengono trovate a Miasino nell'appartamento di Giromini e lui finisce dentro. Ora tocca a Cerri e Lettini. Quando i carabinieri del nucleo provinciale di Novara irrompono nella casa della donna trovano i particolari descritti da Barbara: i paraventi, la brandina, una maniglia rotta. Non ci sono più dubbi e la donna in lacrime dice: confessa. "Non conosco i complici di Giromini - commenta Carlo Vergani - l'incubo si sta concludendo, speriamo che sia fatta giustizia". Ora il legale di Giromini cerca di alleggerire la posizione del suo assistito: "Il suo contributo alle indagini è stato determinante".

La pistola Era nascosta sotto un ponte, all'interno di un sacchetto di plastica, la pistola usata nel rapimento sabato sera. I carabinieri l'hanno ritrovata nella notte, a Borgomanero, poco distante dal luogo in cui la ragazza è stata sequestrata, vicino al casello dell'autostrada. Con quest'ultimo tassello, il puzzle della vicenda che ha sconvolto la zona del lago d'Orta, nel novarese, è stato completato.

Le verifiche dei Ris Sono al vaglio del Ris di Parma la pistola e gli altri reperti relativi al sequestro di Barbara Vergani. "L'impianto accusatorio centrale è ampiamente confermato", sottolinea il comandante provinciale dei carabinieri di Novara, Pasquale Capriati. "Adesso si tratta di valutare gli ultimi dettagli - aggiunge - e di verificare se nella vicenda ci sia il concorso di altre persone". Le indagini del Ris di Parma serviranno proprio a fugare gli ultimi dettagli di una vicenda ormai ampiamente verificata.

"Oltre alla pistola - spiega Capriati - verranno esaminate le auto utilizzate per il rapimento e per il rilascio della giovane e altri reperti ritrovati nel nascondiglio di Ghemme, tra cui la macchina da scrivere con cui è stato composto il biglietto con la richiesta dei 4 milioni di euro".

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