Una serata salda-debiti

Dopo l’ubricatura della serata d’esordio trionfa la sobrietà. Ce n’era bisogno. Ouverture affidata alla suggestiva coreografia di Daniel Ezralow, ballerini bianchi e neri si avvicinano, si toccano, si mischiano. E Morandi moraleggia...

Una serata salda-debiti

Dopo l’ubricatura della serata d’esordio trionfa la sobrietà. Ce n’era bisogno. Ouverture affidata alla suggestiva coreografia di Daniel Ezralow, ballerini bianchi e neri si avvicinano, si toccano, si mischiano. E Morandi moraleggia: si può andare d’accordo anche tra persone che la pensano diversamente. Ma soprattutto: ci aspetta una gara «davvero appassionante». La seconda serata deve saldare i debiti della prima. Rimarginarne i guasti. Il convitato di pietra si ritira nell’ombra e riguadagnano la ribalta i protagonisti previsti dal copione. Cantanti, case discografiche, vertici Rai avranno fatto sentire tutto il loro peso. Tornano al centro le canzoni e i contributi artistici della kermesse. Mauro Pagani e Lucio Dalla che dirigono l’orchestra. Con quella voce Eugenio Finardi è un extraterrestre all’Ariston. Nonostante le mani in tasca, a Papaleo comincia a cadere meglio l’abito dell’antivalletto che stropiccia il protocollo festivaliero. Tutto resta nei ranghi, ma i tempi e la misura sono quelli giusti. Potrebbe esser lui la rivelazione dei primi giorni. Stralunato al punto giusto, prova a coinvolgere Belèn e la Canalis, più decorative che altro. La trasgressione, presunta, dovrebbero portarla I Soliti idioti: rivedibili. Le esibizioni dei giovani tolgono ritmo alla serata. Morandi è preoccupato che tutto fili liscio, senza incidenti. Fortuna che il televoto funziona. E sembra una conquista.

Ma quando i conduttori sono tutti quattro sul palco, ognuno va per conto proprio. Si naviga a vista, senza un copione che dosi interventi e spazi. È il Festival dell’improvvisazione. Si va per annunci successivi. Senza un racconto unitario, una trama che amalgami una serata ancora farraginosa.

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