Serena e Federer dittatori. E ora il tennis aspetta le nuove Williams

Ormai non si sa più cosa dire, eppure Roger Federer riesce a trovare sempre un motivo per spiegare il perché delle cose: «È il mio primo Slam da papà, domani mattina darò un bacio alle mie gemelle perché sono tanto felice». Disarmante. Così com’è stata disarmante la dimostrazione di potenza che lo svizzero, a 28 anni, ha dato nella finale contro Andy Murray vinta 6-3, 6-4, 7-6. Senza parole, appunto. Così come senza parole si era rimasti anche sabato quando Serena Williams, 28 anni pure lei, aveva spezzato il sogno di Justine Henin. Serena aveva chiuso dicendo «grazie a Dio sono qui e ho ancora voglia di giocare», Roger ha fatto sapere che il suo è un bellissimo viaggio: «Non so quando finirà ma non credo tanto presto». In pratica: se al numero uno del tennis ci sono due «vecchietti», cosa c’è sotto?
Gli Australian Open insomma offrono un’analisi spietata, ovvero che il tennis fatica ad offrire un ricambio generazionale. Gli eterni pretendenti al trono restano tali ancora una volta e la crisi di competitività, soprattutto in campo femminile, è evidente. Re Roger in pratica in passato ha avuto il suo daffare solo con un Nadal sano e ora che il ginocchio dello spagnolo lo costringe a un’altra sosta forzata (un mese, poi si vedrà) gli altri restano a guardare: Djokovic ha la maledizione del numero due (ogni volta che ci arriva vicino perde nella partita che vale il salto in avanti), Davidenko è crollato davanti a Federer sul più bello e Murray ha finito ieri in lacrime dispiacendosi per la sua Scozia («Tranquillo Andy, sei bravo. Ce la farai un giorno», gli ha detto magnanimo il Re). Più imbarazzante il gap tra le donne: se Venus non è in forma come la sorella, per Serena non c’è partita, neppure con i muscoli tutti fasciati. Il resto, quando lei non c’è o non ha voglia, è mortificante per tutte le giovani pin up del circuito con aspirazioni da Miss. Una prova: sono bastati tre tornei di preparazione a Kim Clijsters - appena rientrata dopo due anni - per vincere gli Us Open 2009, e lo stesso stava per fare Justine Henin a Melbourne. Le altre guardano, Sharapova (infortunata o no) compresa.
E allora: qual è il futuro del tennis mondiale? Il suggerimento arriva dai tornei juniores, dove si affacciano nomi suggestivi che presto potrebbero diventare un pericolo vero per i rivali di oggi del terribile duo. Tra gli uomini ha vinto Tiago Fernandes, 17 anni, brasiliano che sembra il fratello minore di Guga Kuerten, tre volte trionfatore del Roland Garros. Stesse movenze, stesso servizio, stesso dritto, solo il rovescio bimane che fa differenza. E poi ci sono due segni particolari: il fatto che abbia vinto non sull’amata terra rossa e la novità che un brasiliano non aveva finora mai trionfato in uno Slam juniores.
Tra le donne invece tutti scommettono su Laura Robson, inglese (naturalizzata) di 16 anni, che a 14 aveva già vinto tra le junior a Wimbledon e oggi ha già un titolo nel circuito professionistico. Lei è una predestinata, il problema però è che ci sono le gemelle Pliskova, Krystina e Karolina, diciottenni della Repubblica Ceca, già pronte a monopolizzare il circuito. La Robson nel torneo junior di Melbourne le ha incontrate tutte e due: in semifinale Krystina - bionda, mancina e con un tatuaggio sul polso -, in finale Karolina, mora, destrorsa e con un tatuaggio sul braccio.

Con la prima appunto ha vinto, con la seconda no ed è per questo che ora già si parla delle nuove Williams del tennis, seppur bianche e dell’Est. Morale: se davvero così fosse la soluzione potrebbe essere peggio del problema. Per le altre, naturalmente.

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