Milano - Mancava solo il passo ufficiale. Ora, anche quello è stato fatto. Filippo Penati è indagato con l’accusa di concorso in corruzione per il grande affare della Serravalle. È la tegola più grossa che cade sulla testa dell’ex braccio destro di Bersani. Ed è un’ombra che si allunga sull’intero Pd. Perché, secondo la procura di Monza e i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Milano, nel passaggio di azioni dal costruttore Marcellino Gavio alla Provincia di Milano e nel travaso di milioni nella scalata Unipol-Bnl, si nasconde la grande mazzetta rossa. Quella che, ormai sei anni fa, sarebbe finita nelle casse di Botteghe Oscure.
È una bomba politico-giudiziaria, l’iscrizione di Penati nel registro degli indagati. Perché l’intera vicenda non è ancora coperta dalla prescrizione - come invece lo sono le accuse di corruzione contestate dal gip per la riqualificazione delle aree ex Falck di Sesto San Giovanni, in attesa della decisione del Riesame - e perché gli inquirenti hanno fatto qualche passo avanti nei riscontri investigativi. Che i pm Walter Mapelli e Franca Macchia avessero dato un’accelerata a questo filone dell’inchiesta era sembrato chiaro fin dalla fine di luglio. Già dalle prime domande ad alcuni indagati fatte nel corso degli interrogatori era emerso l’interesse della Procura, che fino a quel momento aveva giocato a carte coperte. Poi, nell’ordinanza di custodia cautelare, il gip aveva incluso alcuni verbali in cui veniva fatto cenno alle presunte tangenti legate alla società autostradale, svelando il bersaglio grosso a cui stava puntando l’accusa. A metà agosto, poi, le Fiamme gialle si erano presentate negli uffici del gruppo Gavio per acquisire i documenti della compravendita, e in quelli della Salt, l’autostrada Sestri Levante-Viareggio-Livorno, che- come scritto dal Giornale a fine luglio- chiama in causa la gestione dell’allora presidente della Provincia di Genova Marta Vincenzi, che proprio a Gavio vendette le azioni di Serravalle in mano pubblica. Quindi la Gdf aveva iniziato a seguire la pista del denaro, cercando i conti esteri indicati da Piero Di Caterina, secondo cui Penati avrebbe ricevuto il «premio »per l’affare Serravalle a Dubai, Montecarlo e Sudafrica. Gli investigatori, poi, hanno un prospetto black&white dell’affare Serravalle: da un lato il valore delle azioni in chiaro,dall’altro quelli in nero.Infine, come scritto ieri, alcune indicazioni importanti per le indagini sarebbero arrivate anche da un personaggio che ebbe un ruolo di primo piano nel corso delle trattative riservate tra Penati e Gavio.
Ci sono voluti sei anni, da quando l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini depositò in Procura a Milano il primo esposto, sollevando forti dubbi sulla legittimità di quella compravendita. Ma ce ne sono voluti cinque perché qualcuno - all’interno del cosiddetto «sistema Sesto» - scoperchiasse il vaso. La sensazione, però, è che ormai quei dubbi siano stati superati dalle ultime verifiche fatte da pubblici ministeri e finanzieri. Niente più solo ricostruzioni de relato , insomma. Premere sull’acceleratore, a questo punto, significa aver imboccato una strada con la convinzione di avere qualcosa di più concreto in mano, per arrivare a dimostrare che- è l’ipotesi degli inquirenti - tra Penati e Gavio ci fosse un accordo «fuori mercato»: l’acquisto da parte di Palazzo Isimbardi del 15% delle azioni in mano a Gavio a prezzo gonfiato (pagate 238 milioni di euro, con una plusvalenza per il costruttore da 179 milioni) per nascondere un ritorno personale per il politico e per il partito. Perché lo stesso annoè il 2005- Gavio investe 50 milioni di euro per sostenere l’Opa su Bnl lanciata dalla compagnia bolognese Unipol,all’epoca guidata dal manager Giovanni Consorte. Quello, per intendersi, della famosa telefonata ricevuta da Piero Fassino: «Allora, abbiamo una banca?». Una triangolazione che non passò inosservata allora, è che non sfuggita nemmeno agli inquirenti oggi.
«Non ho ricevuto alcuna comunicazione formale dalla Procura di Monza - si difende ora Penati - non ho mai sentito parlare né ho partecipato a riunioni o trattative circa eventuali sovrapprezzi per l’acquisto delle quote di Serravalle». Ma l’ex cavallo vincente dei Democratici è sempre più solo. Accusato da molti e scaricato anche dal partito.
Lo stesso che - è la convinzione dei pm - sarebbe stato sovvenzionato proprio dalle stecche raccolte nel corso degli anni dall’ enfant prodige della sinistra. E che ora rischia di schiantarsi sull’asfalto rovente dell’inchiesta Serravalle.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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