Gianandrea Zagato
Di certo cè che a fare decisamente un buon affare è stato Marcellino Gavio. Anche Filippo Penati lo sa. Ma il presidente della Provincia di Milano preferisce ignorare quel documento presentato da Lazard, ladvisor che accompagna la quotazione di Serravalle in Borsa. In quelle pagine cè la valutazione preliminare del valore economico che la banca daffari assegna alle azioni della società autostradale ovvero quello che il mercato è disposto a pagare per un titolo.
Che, sostiene Lazard, va da un minimo di 4,87 a un massimo di 7,09 euro: ma, attenzione, il range di valore massimo - scrivono gli analisti di Lazard - è unipotesi «formulata» sugli impegni che il management della Serravalle «si è impegnato a negoziare con lAnas» ovvero garantendo «il recupero dellinflazione programmata per il quinquennio 2000-2004 e lincremento del fattore qualità nel calcolo della variazione tariffaria». Come dire: per offrire il titolo in Borsa a 7,09 euro bisogna prima recuperare linflazione di un quinquennio e aumentare il livello di sicurezza e di manutenzione della rete. Traduzione: aumentare le tariffe. Decisione impossibile, però: infatti, non è un mistero che allinterno della giunta Penati - Verdi, Rifondazione e Comunisti italiani - sostengano la necessità di non aumentare il peso tariffario. Annotazione non da poco: prova che la valutazione di 7,09 euro per un azione Serravalle è inapplicabile anche perché esclude «lipo discount», lo sconto offerto agli eventuali acquirenti dei titoli che è ancora tutto da valutare.
Fin qui i dati della relazione di Lazard con quel 4,87 euro assegnato per ogni azione che, calcolatrice alla mano, «prova come Penati abbia dato a Marcellino Gavio qualcosa come 107 milioni in più per acquisire quel 15 per cento di Serravalle in suo possesso». Osservazione firmata da Carlo Masseroli, presidente della commissione Bilancio del Comune di Milano, che si spinge oltre: «Quel range preliminare di valore fa venire il mal di pancia a Penati che ora frena lo sbarco in piazza Affari». Affermazione documentata dalla lettera che la Provincia è pronta a inviare a Palazzo Marino per sciogliere unilateralmente il patto di sindacato: disdetta che, di fatto, libera la Provincia da ogni controllo e, quindi, «gli consente di non mantenere la promessa fatta agli elettori: unautentica presa in giro sia verso i cittadini che verso le Istituzioni». Ecco spiegata la decisione assunta dallamministrazione provinciale di rompere lintesa con Gabriele Albertini: «Sola via duscita per non far venire a galla la verità: le stesse azioni comprate a 8,83 euro sono valutate 3,96 euro in meno.
Ma anche unica strada per superare limpasse del flottante (il 25 per cento della società sul mercato, ndr) che significherebbe per la Provincia di Milano scendere sotto quota 51 per cento dopo aver lautamente pagato la conquista del controllo societario» aggiunge Masseroli. E se la fotografia del futuro della Serravalle è già chiara - «evidente che non ci sono posti nel nuovo consiglio damministrazione per i soci di minoranza» - non è così scontato, secondo Forza Italia, che «la decisione di Penati di rompere il patto gli imponga di pagare almeno la penale»: «Se così fosse sarebbe il caso che lamministrazione comunale non faccia più riferimento agli stessi legali perché le penali sono il cuore del patto di sindacati quando dallaltra parte ci sono interlocutori che cambiano le regole del gioco quando il gioco non gli piace più». Valutazioni di peso che coinvolgono anche «chi voleva ritagliarsi uno spazio come presidente di garanzia della società ma per conto di Penati e di Gavio».
Considerazione finale con lamaro in bocca e con un nuovo esposto - stavolta firmato da Giovanni De Nicola di An - alla magistratura contabile «per il danno erariale che Penati provocherebbe ai milanesi qualora dovesse pagare - e non di tasca sua - un risarcimento milionario al Comune». Un danno in più dopo la beffa di unoperazione finanziaria tutta in casa Ds.
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