«Che ne sa di famiglia un prete?». Lobiezione la pone lui a se medesimo. Linterlocutore è don Massimo Camisasca, superiore della Fraternità sacerdotale dei missionari di san Carlo Borromeo, tra i primi e più noti esponenti di Comunione e liberazione. Eppure ha scritto un libro, che si intitola «Amare ancora», sottotitolo «Genitori e figli nel mondo di oggi e di domani» (Edizioni Messaggero Padova), di grande attualità in questi giorni in cui Milano ospita il VII Incontro mondiale delle famiglie.
«Il testo è nato da un colloquio con cento famiglie, in parte persone di Cl che conoscevo, altre erano famiglie che non conoscevo, persone divise, separate, problematizzate». Ed ecco la risposta alla prima domanda, che ne sa di famiglie un prete: «Ricevo tantissime famiglie in difficoltà, perché il sacerdozio si giustifica soltanto (e quel soltanto lo dice a voce più alta, ndr) in funzione del popolo di Dio. Il compito primario del sacerdote è aiutare i laici».
Che ne sa di famiglia un prete? Don Massimo Camisasca parla del suo rapporto con la sessualità e la genitorialità: «Anche io sono padre spirituale e uomo sessuato, con affetti e amori. Non ritengo che non avere rapporti sessuali genitali sia una riduzione della sessualità. È possibile vivere la sessualità senza laspetto genitale, però non bisogna mai deprezzare laspetto genitale, che è fondamentale, importantissimo per la stragrande maggioranza dei giovani».
Alla famiglia, secondo padre Camisasca, serve una specie di pronto soccorso. «La famiglia soffre ma non è morta. È attraversata dalle questioni fondamentali della vita umana: amore, fedeltà, fecondità, trasmissione del sapere». Qual è la difficoltà principale della famiglia? «La paura, che ha molti aspetti. Paura che sia impossibile la fedeltà, lamore per sempre. Eppure come dice Agostino nel De civitate Dei, tutto ciò che finisce è troppo breve. Per questo una delle ragioni di questo libro è mostrare che la fedeltà è possibile».
Una provocazione: «Laiuto più laico che ci sia è Dio, perché riguarda tutti. Un altro aiuto sono gli amici, perché una famiglia che si chiude in se stessa è destinata al fallimento». Le paure non finiscono qui: «Paura che la realtà sia negativa, matrigna.
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