Il sesso a pagamento in strada è reato Anche i clienti in cella

Essere sorpresi costerà sino a 15 giorni, stangata se sono coinvolti minori. Il ministro Carfagna: «Orrore per chi vende il corpo»

da Roma

Il sesso a pagamento diventa un reato ma solo se praticato in un luogo pubblico, lungo la strada ad esempio o in un parco. Nessuna differenza tra chi vende e chi compra: tutti e due finiranno in cella. Il disegno di legge licenziato ieri dal Consiglio dei ministri, mezzo secolo dopo l’approvazione della legge Merlin, considera il cliente colpevole come la prostituta. Per entrambi è previsto l’arresto da cinque a quindici giorni e multe che vanno da duecento a tremila euro. Le pene vengono inasprite se nella compravendita sono coinvolti minori. Per chi li induce a prostituirsi, li sfrutta e ne gestisce le prestazioni sono previsti da sei a dodici anni di carcere e sanzioni da quindicimila a centocinquantamila euro. Arresto e carcere da sei mesi a quattro anni e multe dai millecinquecento ai seimila euro invece per i clienti che comprano sesso dai minorenni tra i sedici ed i diciotto anni. Anche se per la prestazione i soldi o qualsiasi altro tipo di bene siano stati soltanto promessi. E le pene aumentano anche della metà se nel traffico sono coinvolti minori di sedici anni.
Sono soprattutto le straniere, quasi sempre giovanissime, a finire per strada sfruttate come schiave. Per i minori stranieri è prevista una procedura d’urgenza per il rimpatrio assistito, che verrà definita entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge. Rimpatrio che prevede la restituzione alla famiglia d’origine o ad una struttura adeguata «nel rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali» e «con modalità tali da assicurare il rispetto e l’integrità delle condizioni psicologiche del minore».
Chi vende il proprio corpo liberamente ed in casa invece non sarà perseguibile. Così come non sarà ritenuto perseguibile chi viene costretto ad esercitare la prostituzione. Aumentano le sanzioni previste per i reati di reclutamento, induzione, agevolazione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione con pene fino ad otto anni. Il ddl ora inizia il suo cammino in Parlamento e già si alzano i toni della polemica da parte delle associazioni delle lucciole e degli operatori sociali.
Ma il ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, che ha fortemente voluto questo provvedimento insieme con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni e quello della Giustizia Angelino Alfano, è determinata a cancellare quello che definisce «un fenomeno vergognoso che desta allarme sociale». Il provvedimento, aggiunge il ministro «rappresenta uno schiaffo durissimo che toglie linfa al mercato della prostituzione». Impossibile però considerare reato anche la prostituzione che una donna esercita liberamente in casa propria.
«Come donna impegnata in politica e nelle istituzioni la prostituzione mi fa rabbrividire - dice la Carfagna -. Mi fa orrore perché davvero non comprendo chi vende volontariamente il proprio corpo. Ma mi rendo conto che il fenomeno esiste e purtroppo non può essere debellato del tutto, come quello della droga».
Proprio su questo punto si concentrano le critiche di alcuni esponenti del Pd. Livia Turco ritiene la proposta «un ritorno di fatto alle case chiuse». Ma il ministro respinge questa prospettiva perché il ddl, spiega «è punitivo nei confronti della prostituzione, non la regolamenta ma la contrasta»,
Positivo il giudizio di Flavio Zanonato, sempre del Pd. Il sindaco di Padova che condivide l’iniziativa della Carfagna osservando che «siamo l’unico Paese in Europa dove ci si può prostituire per strada». Margherita Boniver, Pdl, condivide il principio di mettere «sullo stesso piano la prostituta ed il suo cliente».


La Carfagna trova sostegno in don Fortunato Di Noto, sacerdote siciliano impegnato nella tutela dei minori che approva il ddl e invita a «non abbassare la guardia contro la pedo-criminalità sul web».
La leader storica delle prostitute, Carla Corso, invece attacca personalmente il ministro ricordandole di avere «esibito il suo corpo nei calendari» e accusandola di «voler mettere la museruola a tutti gli italiani.

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