In sette per farmi il terzo grado: "Il Panda? Protesterete il 26..."

Continua il tentativo del nostro inviato di organizzare una manifestazione di protesta. Ma i cinesi hanno intenzioen di farla svolgere il 26, solo quando i Giochi saranno finiti

In sette per farmi il terzo grado: "Il Panda? Protesterete il 26..."

Pechino - Essendo uno sportivo - di fede interista, come già si è detto - il maresciallo Ye non se l'è presa. Ma ci dev'essere stato qualche passaggio, nell'articolo precedente, che gli ha fatto saltare la mosca al naso. Si capisce dallo sguardo da murena, da mangusta sorniona con cui mi indica la sedia. «Abbiamo letto l'articolo, sì - mi conferma l'agente Costanza (è il nome che le ha dato la sua professoressa di italiano, a Napoli) -. La ringrazio per avermi definita gentile. Ma pudibonda? Ho chiesto a un mio amico italiano. Solo che anche lui non sapeva cosa vuol dire...».

Nella sala degli interrogatori, al Dipartimento di Pubblica Sicurezza di Chengdong, stavolta sono addirittura in sette. Due i fotografi (l'altra volta era solo uno). Un terzo manovra le videocamere: una fissa, su treppiede, l'altra brandeggiabile. Gli altri quattro gendarmi, quelli incaricati di istruire il fascicolo, che ormai torreggia, sono seduti di fronte a me. Cerco di fare animo alla mia giovane interprete, demoralizzata e un filino spaventata dal Kgb cinese e dalla sua voluttà digitale, dicendole che molti sono i fotografati ma pochi gli eletti.

Il maresciallo Ye - neanche quarant'anni, viso paffuto, lenti, un eloquio gonfio di esclamativi - mi aspettava. Me, la richiesta vergata in mandarino, i nomi dei partecipanti con le loro date di nascita e il numero di passaporto, il discorso che intendo tenere, e dove, e quando, eccetera eccetera. Ma appena mi vede allarga le braccia. «Le avevo detto di venire venerdì...», comincia, severo. Mi giustifico. C'era da mettere insieme la pattuglia dei partecipanti, scrivere il discorso, preparare le carte...
«Già. Ma le avevo detto che ci volevano cinque giorni per sciogliere la nostra riserva».
«Beh, oggi è lunedì. Vediamo... Cinque giorni...: venerdì 22!».
«Sbagliato. Oggi non vale. Non si conta».
«Ah. Allora sabato 23!».
«Sbagliato. Ha dimenticato che i cinque giorni erano lavorativi».
«Mi sta dicendo che sabato e domenica non lavorate?».
«Esatto».
«Con tutto il rispetto, maresciallo: questa è una barzelletta. Sareste gli unici cinesi sulla faccia della Cina che si prendono due giorni di relax alla settimana. No, non ci credo».
Il maresciallo Ye sa di avermi fottuto. Dunque gongola fino a farsi sparire gli occhietti dietro le lenti. Gli altri ridono con lui. È sempre così. Se lui ride, ridono tutti. Se lui non ride, non ride nessuno. Il sottoscritto monta una faccia delusa, costernata.
«Questo vuol dire che potremmo fare la nostra giornata di lotta...».
«Il 26».
«Ma le Olimpiadi saranno finite da due giorni. I giornalisti se ne saranno andati tutti», protesto.
«E io che ci posso fare? È la legge».
Così per altre due ore e mezzo.

Riassunto della puntata precedente. Giovedì scorso ho chiesto alle autorità cinesi il permesso di inscenare una manifestazione di protesta per la liberazione dei Panda (Xiong Mao, in cinese) e la chiusura degli zoo. I Panda hanno quelle macchie nere intorno agli occhi perché sono tristi, avevo spiegato agli inquirenti. E perché sono tristi? Perché sono in gabbia. La richiesta - questa è cronaca - gli era sembrata manicomiale, da spostato. Ma la Cina è un Paese libero, come tutti sanno... Mi avevano dunque detto di ripresentarmi con una richiesta scritta. Tra i dettagli, avevano voluto sapere anche quali sarebbero stati gli slogan. Ne avevo indicati alcuni: Panda che ti passa... Cuore di Panda... Un Panda per amico... Chi non Panda milanista è...

Ora non so come superare l'impasse. Me la gioco. «Va bene - dico sperando che il direttore del qui presente baozhi (giornale, in cinese. Fate degli sforzi. Di questo passo verrà utile, il cinese) sia d'accordo -. Faremo la manifestazione il 26».
Il maresciallo accusa il contropiede dell'italiano. Ma tira fuori il suo asso di riserva. Quello del Panda rei, tutto scorre, come diceva il vecchio Democrito... Basta far andare le cose per le lunghe... Un'altra scusa si troverà, per sabotare l'italiano. Domanda, volgendo svagato lo sguardo per la stanza: «Issereste un cartello, a questa manifestazione? O sarà uno striscione? Va saputo».
«Striscione», dico. «Ci scriveremo una cosa semplice, tipo: Free Panda».
«Uh uh. E avrà un megafono?».
«Ma no. Saremo in dieci...».
«Uh uh. E pensa di pronunciare il suo discorso da fermo, o camminando? Anche questo va saputo».
Il brigadiere (si chiama Ma) scrive, scrive, scrive...
«Se sto fermo - azzardo con un sorriso avvolgente, da ruffiano - ci aiuta ad asciugare un po' i tempi della pratica?».
«Eh no, i cinque giorni sono fissi. La legge è uguale per tutti... Però, chissà... Nothing is impossible». È lo slogan di Adidas, sponsor delle Olimpiadi. Il maresciallo ride. Gli altri si sganasciano. Il maresciallo è una lenza, dicono affettuosi i loro occhi...
«E quanto sarà lungo questo striscione?» incalza il mio Torquemada con gli occhi a mandorla.
«Diciamo un quattro metri... È troppo?».
«No, no. Basta saperlo. E dove pensate di fare il raduno? Partirete dall'albergo? Io dico sarebbe meglio se vi trovaste direttamente al parco di Zizhuyuan, alla Porta Est».
«È un'eccellente idea», convengo.
Siamo alle ultime battute. Consegno il testo del mio discorso (è qui di lato). Un tono alto, forse troppo risorgimentale, ma mi è venuto così. Si preparano 9 moduli che dovrò compilare e firmare. Due firme ogni modulo fa 18. La pratica sta diventando un faldoncino. Il maresciallo si consulta coi suoi. Poi dice: «Giovedì 21 alle ore 15 ci sarà la risposta. Potrebbe essere no. Potrebbe essere sì. Se è sì, due giorni prima del 26 potremmo cambiare data e luogo della manifestazione».
«Lei è troppo buono, maresciallo», gli dico.
Ride, pieno di degnazione.
Ultima faccenda. La richiesta in cinese esibita dal sottoscritto presenta alcuni errori. Di battitura, di senso... Si correggono a penna. Ma devo autenticare le cancellature. Ecco pronto un tampone di inchiostro rosso. Intingo l'indice: 15 ditate sulle cancellature.
Alla fine, chiedo al maresciallo di farci una foto ricordo. Ed eccoci qui: lui, il brigadiere Ma e Costanza, l'interprete. Sorridiamo tutti.

Tanto è un gioco, dicono le loro facce. Fuori dal cancello mi aspetta Chan Pui Man, vice direttrice di Apple Daily Limited, Tv commerciale di Hong Kong. La voce si è sparsa. Mi intervista. Io me la tiro un po', lo ammetto.

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