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Sfida decisiva sul supertestimone

La difesa punta tutto sulle contraddizioni nel racconto di Frigerio. L’accusa insisterà sulle tracce e sulle confessioni dei coniugi

Sfida decisiva sul supertestimone

Felice Manti - Edoardo Montolli

«Capirete tutto al processo». Così Fabio Schembri, uno degli avvocati di Olindo e Rosa, risponde ai cronisti. Quel che è certo è che con la ritrattazione delle confessioni da parte dei due imputati, quello che sembrava un dibattimento in discesa si annuncia foriero di colpi di scena. Vediamo perché.
Il supertestimone. Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage grazie a una malformazione alla carotide che lo ha salvato da un colpo sferrato con precisione chirurgica, ha riconosciuto Olindo Romano come suo aggressore. La sua deposizione in aula, se confermata, sarà decisiva per inchiodare il netturbino erbese. Ma nella sua prima deposizione del 15 dicembre, come ha rivelato il Giornale, Frigerio descrisse con precisione il killer come un uomo mai visto prima di etnia araba, più alto di lui di 10 cm, capelli neri, occhi scuri e carnagione olivastra. Un ritratto che non collima affatto con il «bianco», occhi verdi e ben noto vicino di casa.
Le confessioni. Olindo e Rosa, due giorni dopo l’arresto, hanno ammesso di aver commesso la strage. Prima ha confessato Rosa («Ho fatto tutto io», ha detto ai Pm), poi Olindo si è attribuito il delitto («Mia moglie non c’entra niente») e infine ha corretto il tiro: siamo stati tutti e due. E Rosa ha confermato. Ma la ricostruzione del delitto, la successione delle aggressioni, la tempistica tra strage, incendio e fuga basata sulle loro dichiarazioni non ha trovato riscontri oggettivi con i rilievi dei Ris. E le confessioni lasciano diversi buchi neri sulle modalità dell’uccisione di una delle vittime, Valeria Cherubini, trovata morta nel suo appartamento.
Le impronte. I Ris di Parma non hanno trovato tracce dei due coniugi nella scena del delitto («nonostante gli sforzi analitici compiuti», si legge nella relazione consegnata ai magistrati inquirenti il 9 ottobre) né Dna delle vittime a casa dei coniugi Romano. Forse è questo che ha indotto la Procura, un po’ a sorpresa, a non chiedere in aula la testimonianza dei Ris. Cosa che invece ha fatto la difesa, tanto da aver preteso che la stessa perizia venga usata a discolpa dei suoi assistiti. Certo, è possibile che i vigili del fuoco, spegnendo l’incendio appiccato nell’appartamento, abbiano lavato via ogni traccia lasciata dai Romano (e solo da loro due) nell’appartamento di Marzouk.
Il sangue nell’auto. Sul battitacco della Seat Arosa di Olindo è stata trovata una minuscola traccia di sangue appartenente a Valeria Cherubini «commisto», come si dice in gergo, con quello del marito, Mario Frigerio. Secondo la Procura è una prova schiacciante della colpevolezza dei due. Secondo Olindo, invece, qualcuno tra gli investigatori potrebbe averla messa lì per inchiodarlo.
Il diario-Bibbia. La Procura ha deciso di acquisire il diario-Bibbia scritto in cella da Olindo (e che il Giornale ha mostrato in anteprima) nel quale Olindo ammette di aver compiuto la strage e chiede scusa alle vittime.

Ma solo qualche mese dopo, lo stesso Romano inizia a scrivere che è stato «indotto a confessare» e che lui non c’entra niente con la strage.

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