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La sfida di Federer: «Cerco la terra per il grande slam»

L’apprendistato parte a Montecarlo: «A Parigi farò l’en plein». Pietrangeli e Vilas: «Il suo è grande tennis»

Lea Pericoli

da Montecarlo

Se Roger Federer, numero uno del mondo nel 2005, ha perso in tutto quattro partite, nel 2006 ha già vinto gli Australian open, Indian Wells, Miami e Doha. Poi a Dubai s’è arreso a Nadal. Federer a New York è stato nominato ambasciatore dell’Unicef. La sua fondazione aiuta già da anni i bambini africani: «È stata mia madre Lynette a chiedermi di farlo. Lei è nata a Johannesburg quindi è consapevole della miseria in cui vivono i più deboli».
Federer nel Master Series che ha preso il via ieri a Montecarlo ha ceduto un set a Djokovic: «È un giovane che farà strada. Per me è stato un buon challenge. Devo abituarmi alla terra, al vento, a scivolare, a battermi contro gli irriducibili regolaristi». Il suo obiettivo è Roland Garros. La sua grande aspirazione è mettere insieme il Grande slam, però gli rimane la terra da addomesticare: «Giocherò Roma e Amburgo. Il pubblico europeo mi piace perché è diverso dagli altri. È più passionale. Certo vorrei vincere Parigi, ma non sarà facile. Non ci sono riusciti Sampras, Becker, Edberg. Tutti e tre erano fortissimi e avrebbero potuto farlo».
È difficile azzardare paragoni nello sport ma sono pochi i tennisti che mi hanno affascinata quanto Federer e non sono lo sola. Ricordo una telefonata di Nicola Pietrangeli da Wimbledon: «Se mi sono riconciliato con il gioco lo devo a Federer». La purezza e nobiltà dei gesti che ricordano quelli di tanti mostri sacri, in un’epoca costruita su violenza e brutalità, è ciò che spinge chi ha giocato, prima della cosiddetta Era moderna, ad amare un campione capace di essere invulnerabile nonostante si affidi a tecniche di altri tempi. Manolo Santana, ieri, è rimasto con me e Nicola ad ammirarlo. Guillermo Vilas ha detto: «Deve essere fantastico toccare la palla come fa lui. Sembra un pittore impegnato a dipingere un quadro». Affermazione importante quella di Vilas, tennista con l’animo di un poeta ma che sul campo era un manovale.
Tra i cosiddetti «macellai della racchetta», come ironicamente li definisce Tiriac, Federer rappresenta l’unica eccezione. Tentando un paragone con i più forti di tutti i tempi mi tornano in mente i nomi degli eroi classici: Rosewall, Hoad, Lever, Sampras. A Federer ormai manca solo il Grande slam. Oggi l’obiettivo dichiarato è l’attacco alla terra battuta: «Giocherò Roma, Amburgo, prima di Parigi». Di Montecarlo ha detto: «È un posto unico, uno Stato grande quanto una città». Quando gli ho chiesto se riuscirebbe a viverci, ha risposto: «Potrei, ma non lo farei».
Per la prima volta dal 1990 avevamo sei italiani in tabellone. Purtroppo Volandri s’è arreso a Acasuso 6-4, 6-2, Seppi ha battuto Sanguinetti 2-6, 6-1, 6-4. Di Mauro ha vinto con Wawrinka 6-2, 6-4.

Oggi giocano Starace e Bracciali.

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