La sfida di Riccò: «Datemi una squadra, voglio correre»

Il 27enne ciclista emiliano, dopo la vicenda del ricovero in ospedale per un blocco renale, rilancia la sua sfida personale. Ma intanto risponde con tanti «non ricordo» nell'interrogatorio del procuratore antidoping del Coni Ettore Torri duranto un'ora e mezza

Un'udienza condita da tanti «non ricordo» restituisce a Riccardo Riccò almeno una certezza: tornare subito in sella per ricominciare ad essere un ciclista professionista. Il 27enne corridore emiliano ci ripensa, e dopo aver annunciato lo scorso 12 marzo il ritiro, rilancia la sfida, proclamando di essere già in cerca di una squadra per riprendere l'attività agonistica. Dopo essere stato ascoltato per un'ora e mezza dalla Procura Antidoping del Coni, il «Cobra» di Formigine si dice «sereno e senza nulla da nascondere», ed esclude categoricamente di volersi ritirare dal ciclismo, e anzi lancia un appello.
«Datemi una squadra, voglio tornare a correre». Il corridore emiliano, immediatamente licenziato dalla Vacansoleil, è stato convocato questa mattina dal procuratore Torri, per dare spiegazioni sul ricovero in ospedale del 6 febbraio scorso, in seguito ad un blocco renale al termine di un allenamento, che ha fatto temere per la sua stessa vita. Il medico che per primo lo aveva soccorso aveva poi riferito di aver raccolto la confessione del ciclista, che avrebbe ammesso di essersi praticato un'autoemotrasfusione con sangue conservato in frigo.
Una versione che Riccò, ristabilitosi dopo una lunga degenza, ora smentisce con rabbia. «Non mi ricordo nulla, ero più morto che vivo - ha aggiunto - Mi hanno riferito che si trattava di un virus, il medico risponderà di quanto ha detto». Riccò ha già scontato una squalifica di 20 mesi in seguito alla positività al Cera (l'Epo di ultima generazione) al Tour de France 2008, dove aveva conquistato due tappe. La Procura Antidoping, prima di chiedere una probabile squalifica (che vista la recidività rischia di essere molto pesante), aspetta ora di ricevere le carte dalla Procura di Modena, che indaga su un'eventuale violazione della normativa antidoping. Secondo l'avvocato Fiorenzo Alessi, legale che difende Riccò, nulla può impedire al «Cobra» di tornare in sella. «Non ci sono i motivi per una richiesta di squalifica da parte della Procura antidoping - ha ammesso - Non vedo il pericolo di imminenti provvedimenti». Eppure ci sarebbe la confessione del medico del pronto soccorso. «Di solito non accade che un medico si comporti così - ha aggiunto l'avvocato -. In quei contesti certe frasi possono essere recepite in modo sbagliato. Le analisi non danno risultati univoci, abbiamo incaricato un nostro consulente di accertare quanto accaduto».
All'indomani dell'ennesimo monito sul doping nel mondo delle due ruote lanciato dal presidente del Coni, Gianni Petrucci, l'avvocato del corridore modenese ha voluto sottolineare come il ritorno di Riccò all'attività non sarebbe una sconfitta per il ciclismo, anzi: «Molti parlano in questo senso, ma io non sono d'accordo. Non condivido il pensiero del presidente del Coni che dice "Basta con un ciclismo dopato", sarebbe meglio dire "Basta con uno sport dopato" e soprattutto "Basta con lo sport che vuole il risultato a tutti i costi". In questo senso ritengo che la legge penale antidoping del 2000 non sia più attuale, è ampiamente superata e andrebbe modificata».
Insomma una linea difensiva che vorrebbe puntare anche ad abbassare l'asticella di cosa debba considerarsi doping e cosa no, e che sposa il punto di vista del professor Veronesi, che in una recente intervista si era detto favorevole alla liberalizzazione di alcune pratiche illecite, fra le quali l'Epo. «Esiste il diritto alla salute ma non il dovere - ha confessato il legale di Riccò - Non è possibile che drogarsi non venga considerato reato e doparsi sì». Un'apertura immediatamente bocciata dal presidente del Coni, Gianni Petrucci: «Il Coni non risponde a considerazioni insensate».
A questo punto l'obiettivo di Riccò è quello di far ritorno da subito alle competizioni. Un ritorno che, secondo il suo legale, non dovrebbe far gridare allo scandalo: «Se torna non è certo uno scandalo. Oggi per Riccardo torna a splendere il sole: questa è una giornata positiva a tutti gli effetti per il ciclismo. Allo stato attuale non c'è alcuna sanzione sportiva che possa pregiudicare il suo ritorno alle gare».

Intanto, in attesa di ulteriori sviluppi, Riccò spera in una chiamata di qualche squadra che, vista la situazione, al momento appare assai improbabile: «Mi risulta che ci sono altri corridori nella mia posizione che corrono tranquillamente. Contador? Sì, ma anche corridori italiani», ha concluso il «Cobr», riferendosi all'inchiesta di Mantova che vede coinvolti tra gli altri anche Ballan e Cunego.

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