Sfiducia a Caliendo, finiani alla prova del fuoco

Roma«Riteniamo del tutto inaccettabile che si proceda al voto su una mozione di sfiducia mentre è ancora in corso un procedimento giudiziario». Il presidente dei deputati del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, non ha nascosto la propria irritazione al termine della conferenza dei capigruppo di ieri pomeriggio.
Gianfranco Fini non si è lasciato sfuggire l’occasione per «bombardare» nuovamente il governo e il Pdl calendarizzando per domani alle 17 la mozione presentata da Idv e Pd che impegna l’esecutivo a invitare alle dimissioni il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, indagato dalla Procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta originata dagli appalti nel settore eolico.
Oggi saranno esaminati e votati dall’aula i decreti legge in scadenza già convertiti dal Senato. Il primo riguarda l’energia, inclusi i criteri per le nomine all’Agenzia per la sicurezza nucleare, e il secondo attiene al comparto trasporti (privatizzazione di Tirrenia inclusa). Per quanto i finiani non abbiano mancato di farsi venire il mal di pancia anche su questi argomenti, è sulla mozione di sfiducia che si gioca tutta quanta la partita. «Vediamo come voteranno e poi esprimeremo un giudizio: ogni giorno ha il suo affanno», ha rimarcato Cicchitto riferendosi a Fli che con i suoi trentatre componenti è purtroppo in grado di tenere in scacco la maggioranza. Il capogruppo ad interim dei finiani, Giorgio Conte, non ha voluto scoprire le carte, ma ha anticipato che si cercherà un’intesa con l’Udc. «Il gruppo di Futuro e Libertà - ha riferito Conte - incontrerà una rappresentanza dell’Udc per fare valutazioni in merito alla mozione Caliendo e cercando di raggiungere una convergenza, se ce ne saranno le condizioni». Quasi a volersi ingraziare i casiniani, il capogruppo ha usato perifrasi degne della Dc d’antan. E come un vero democristiano ha respinto, ma non ha smentito, la prospettiva di un accordo con i centristi. «Non è un’asse - ha puntualizzato Conte - ma solo un’apertura di dialogo, come ce ne sono tante tra le formazioni politiche presenti in Parlamento. Semplicemente andiamo ad approfondire e a valutare insieme». Nonostante Fini abbia detto di avere le «idee chiarissime» su Caliendo, oggi pomeriggio i suoi brigadieri cercheranno di «illuminarsi» ulteriormente dall’oracolo del Grande Centro.
Sebbene l’uomo-ombra di Casini, Lorenzo Cesa, ancora ieri soppesasse le parole col bilancino celando le proprie intenzioni di voto, non è un mistero che l’Udc stia valutando la possibilità di astenersi abbassando il quorum a favore della maggioranza. In questa scelta li accompagnerebbero anche i tre Liberaldemocratici eletti nel Pdl: Tanoni, Melchiorre e Grassano si asterranno. Ma se per un partito di opposizione non oltranzista è più che legittimo disporsi in maniera neutra, come potranno i finiani fare lo stesso sulla mozione Franceschini-Donadi? Depositata ancor prima dell’iscrizione di Caliendo nel registro degli indagati, lo definisce «politicamente censurabile» perché «al di là della responsabilità penale» è comunque andato a cena con il bancarottiere Flavio Carboni.

Insomma, cosa decideranno i finiani? Opteranno per lo «Stato etico» dove si può essere imputati per aver sbagliato commensali o per lo Stato di diritto? Oppure baratteranno tutto quanto per quel «patto di legislatura» invocato da Bocchino in nome di Fini per annacquare tutti gli obiettivi del Pdl pena la caduta del governo?
All’interrogativo ha già risposto il giustizialista per antonomasia, Antonio Di Pietro: «Chi si astiene ha fatto una manfrina per giochi di potere, parla di legalità solo per finta». E il copyright della legalità ce l’ha lui: non sia mai Fini gli rubasse qualche voto...

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