Lo sfogo di Silvio: pure la ramanzina... Con lui ci vuole la pazienza di Giobbe

RomaQuando imbocca l’ascensore che lo porta al piano nobile di Montecitorio, Silvio Berlusconi è di ottimo umore. Tanto che a chi gli chiede lumi sull’Udc risponde con un sorridente ed ecumenico «mai litigare con nessuno». Passano due ore e quando il Cavaliere rispunta dallo stesso ascensore il viso non nasconde una perplessità che pare quasi fastidio quando i cronisti gli chiedono come sia andato l’incontro. «Non lo so neanche io», la butta lì a voce bassa mentre è ormai di spalle diretto verso l’uscita.
D’altra parte, il lungo pranzo con Gianfranco Fini - presenti anche Gianni Letta, Ignazio La Russa e Italo Bocchino - non inizia sotto i migliori auspici se al premier viene riservato un menù ad hoc causa i postumi dell’aggressione: uova strapazzate per il Cavaliere, ravioli al bacon croccante per gli altri commensali. Il primo piatto di una lunga serie di «portate» che il presidente della Camera è deciso a presentare a Berlusconi: giustizia, rapporto con l’Udc e con la Lega, equilibrio interno al Pdl, collegialità nelle decisioni, persino quelle che riguardano la politica del governo con tanto di «ramanzina» sul taglio delle tasse. Il premier ascolta e rassicura l’alleato più o meno per tutto il pranzo, ma è chiaro che il clima non è più quello dei primi minuti, quando si erano sprecate barzellette e risate e il Cavaliere avevo mostrato a Fini «i segni» dell’aggressione in piazza Duomo. Tanto che uno dei commensali non esita a definirlo «uno dei faccia a faccia più difficili».
Si parla a lungo di giustizia. Con l’ex leader di An che concorda con Berlusconi perché «è vero che il problema esiste». «Sei perseguitato dalla magistratura e serve una soluzione ma basta con i pasticci», dice sollevando dubbi sul processo breve. «Anche con gli emendamenti di Valentino sei davvero sicuro non sia incostituzionale?», chiede Fini. Si passa al capitolo concertazione, nelle scelte politiche del Pdl ma anche nell’attività di governo. «Hai fatto un’intervista a Repubblica in cui parlavi del taglio delle tasse - insiste Fini - e poi il ministro dell’Economia ti smentisce. Bisogna essere coordinati». Fronte aperto anche sulla Lega verso la quale, spiega il presidente della Camera, «non possiamo essere subalterni» perché «non ha la golden share» del governo. Si sblocca, invece, la questione sottosegretari con il via libera alla nomina di Daniela Santanchè al Welfare.
Il Cavaliere - come racconterà in privato durante il pomeriggio - fa «esercizio della pazienza di Giobbe» e tranquillizza l’alleato. Che invece cala l’asso. Caro Silvio - è il senso del discorso - io «lavoro con te e non per te» perché «nei tuoi confronti ho un debito di lealtà ma non di riconoscenza». Insomma, «sappi che non sono come Casini che è arrivato in Parlamento grazie a te» ma «ero qui prima di te e ci sarò anche dopo» perché «rappresento 40 anni di storia politica della destra italiana». E dunque «non sono una figura marginale che ha dietro una decina di deputati», ma «un interlocutore a tutti gli effetti». Quindi «basta con il fuoco amico», aggiunge riferendosi alle critiche arrivate da Il Giornale. Cose, replica Berlusconi, «con cui non c’entro niente» perché «non ho mai pensato di mettere in discussione il tuo ruolo».
Ed è in quest’ottica che quando La Russa fa il bilancio dell’incontro, la prima cosa che dice è che i due «hanno deciso di vedersi più spesso». Un impegno già preso altre volte - ma senza seguito - che dà l’impressione più di una tregua armata in vista delle regionali di fine marzo che di una ritrovata fiducia reciproca. Una capitolo, quello della tornata elettorale, affrontato sotto diversi aspetti. Via libera alla candidatura del socialista Stefano Caldoro in Campania, mentre resta «aperta» la Puglia. Eppoi c’è il nodo Udc. Perché più volte durante il pranzo il Cavaliere non nasconde di trovare «intollerabile» che Pier Ferdinando Casini decida le alleanze «come gli fa comodo». Più cauto Fini che invita ad essere «elastici» e si offre come interlocutore («se vuoi con Pier ci parlo io»).
Due ore di faccia a faccia che dunque non cambiano di una virgola lo stato dei rapporti tra Berlusconi e Fini. Che sono ormai incrinati sul piano personale più che sul fronte politico.

Due ore, spiegherà in privato il Cavaliere, nelle quali «non ho sentito nulla di nuovo», «ramanzina compresa». Per questo «la pazienza di Giobbe». Oltre a una buona dose di irritazione. Perché «Fini non lo capisco» e «di questa situazione non se ne può davvero più».

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