Michele Anselmi
da Roma
«Mi piace lavorare, sono prolifico. Che cè di male? Ci si dimentica che Monicelli ha firmato quasi novanta film. E Woody Allen non gira forse un film dietro laltro? Solo che io suono meglio di lui il clarinetto». Da Davenport, Iowa, arriva pimpante la voce di Pupi Avati. Oggi dà il primo ciak al suo nuovo film, lhorror gotico Il nascondiglio delle monache: dieci settimane di riprese, cinque oltreoceano e cinque a Cinecittà, Laura Morante protagonista e un cast anglofono di tutto rilievo nel quale figurano Rita Tushingam, Burt Young e Treat Williams. Del film dice solo: «Vorrei misurarmi con un racconto nero, alla maniera di Zeder, mi piace che il terrore venga più dalle atmosfere che dagli effetti speciali». Si può capirlo. Deve ancora uscire nelle sale italiane (a fine gennaio distribuito da Medusa) La cena per farli conoscere, una commedia corale, molto al femminile, che mette a confronto Diego Abatantuono con le figlie Vanessa Incontrada, Violante Placido e Inés Sastre e la più matura Francesca Neri, e già ne parte un altro, stavolta targato Raicinema, di atmosfera e stile completamente diversi. Del resto, il pubblico italiano è abituato alleclettismo degli Avati Brothers (Pupi il regista, Antonio il produttore): gente che lavora sodo, restando fuori dai giri intellettuali che contano, attenta al rapporto costi-ricavi, vittima a volte di qualche pregiudizio critico.
Lo spunto per raggiungerlo a Davenport, dove girò il suo jazzistico Bix, è unampia intervista a Sorrisi e canzoni nella quale Ezio Greggio, comico non insensibile al cinema, sia come attore (Yuppies 1 e 2) sia come regista (Il silenzio dei prosciutti), annuncia un progetto comune con Avati. «Pupi sta scrivendo un film di cui sarò protagonista. E per la prima volta reciterò in un ruolo drammatico», rivela, aggiungendo che la cosa prenderà corpo dopo il suo turno di conduzione di Striscia la notizia (in coppia con Michelle Hunziker dal 25 settembre). In realtà, i tempi sembrano molto meno ravvicinati. «Se ne parla da tre-quattro anni, ma per ora non c'è niente di preciso: né titolo, né copione, né personaggio», spiega infatti il cineasta bolognese. «È vero però che prima o poi un film insieme lo faremo. Ezio mi incuriosisce, sia come attore sia per le sue qualità umane, che ho imparato ad apprezzare nel tempo. Vedremo». Insomma, siamo a «carissimo amico», e però Greggio rientra perfettamente in quel gusto tipicamente «avatiano» per la scommessa ardita, per la rimodulazione di personaggi della risata. Proprio al Giornale Avati confessò: «Il cinema italiano è pigro nel fare i cast. I produttori si affidano solo al box-office, se un attore è reduce da un insuccesso non lo chiamano. Così lavorano sempre gli stessi. Il circolo si restringe e i bravi restano a spasso». Lui no. Lui si diverte da sempre a spiazzare gli estimatori, componendo ogni volta cast bizzarri, sorprendenti. Ha rilanciato la carriera di Gianni Cavina e Carlo Delle Piane, scoperto Valeria Bruni Tedeschi e Vanessa Incontrada, cucito ruoli drammatici su Diego Abatantuono, Massimo Boldi e Neri Marcoré. Per non dire della Katia Ricciarelli di La seconda notte di nozze, un ingaggio rischioso, sulle prime da tutti sconsigliato. «Invece ho avuto ragione, peccato che abbia finito con linfognarsi in quel reality», riflette un po dispiaciuto.
E proprio non vorrebbe dire altro. Un po provato dal jet-leg, a poche ore dal primo ciak, Avati è tutto concentrato sul nuovo film, che arriva a trentanni esatti da La casa dalle finestre che ridono. Con Il nascondiglio delle monache, rispolvera insomma il tema, a lui caro, della haunted house, della casa maledetta. Sembrava che la parentesi americana si fosse conclusa con Fratelli e sorelle, invece eccolo di nuovo in Iowa per ambientarvi un mystery dalle suggestioni paranormali, che comincia in una notte tempestosa dei primi anni Cinquanta, poco prima di Natale. Inutile chiedergli della trama. Si sa solo che in un pensionato di lusso gestito da monache, tutto cunicoli e interstizi, muoiono in circostanze misteriose, orribilmente trafitte, due ricche signore e una Madre Superiora. Quella notte nevicava, non furono riscontrate orme attorno al tetro palazzo. Mezzo secolo dopo, appena uscita da una clinica psichiatrica, la quarantenne vedova Laura Morante affitta con i suoi risparmi quella splendida casa rimasta chiusa da allora per impiantarvi un ristorante.
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