Sfratto? Il Leonka non ci sta Barricate al centro sociale

Daniele Farina: «Da lì non ci muoviamo. Per risolvere tutto basta una modifica urbanistica»

Lunedì all’alba al Leoncavallo arriverà l’ufficiale giudiziario, con l’avviso di sfratto nella valigetta. Ad aspettarlo ci saranno tutti i militanti del centro sociale. Decisi a non mollare e, se occorre, anche a ricorrere alle maniere forti, facendosi trascinare via di peso. Alle 6 del mattino saranno tutti lì, in presidio, per una mobilitazione generale «di resistenza». Pericolo di scontri? «Faremo quello che si fa nei presidi» resta sul vago Daniele Farina, storico portavoce del centro di via Watteau. I leoncavallini lanciano un appello al Comune di Milano, una contro proposta allo sfratto: «basterebbe un semplice provvedimento urbanistico per mettere fine alle continue minacce di sgombero». Altrimenti i toni cambieranno.
«Tra il Leoncavallo e il proprietario privato dei locali del centro - spiega Farina - c’è già un accordo di massima, che però ha bisogno di un atto di natura urbanistica, al quale il Comune si è sempre sottratto. È arrivato il momento che Palazzo Marino faccia la sua parte».
La scorsa settimana il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, era stato chiaro. Più che chiaro: «La musica è cambiata» aveva detto durante l’incontro in prefettura. «Se la musica cambia - risponde Farina - allora deve cambiare per tutti, il ministro non può certo dare lezioni di legalità se la prima sacca del non fare viene proprio dal nostro Comune. Siamo diventati vecchi a furia di chiedere un colloquio con il sindaco».
In attesa che l’amministrazione comunale adotti una variante al piano regolatore per trasferire su un’altra area di proprietà del gruppo Cabassi i diritti edificatori previsti nel lotto di via Watteau, i militanti non escludono di presentare ricorso: una querela contro i politici milanesi che in passato hanno usato parole forti contro il centro sociale.
«Se quelle affermazioni rimangono nell’ambito del dibattito politico, nessun problema - tiene a precisare Farina - ma se la musica dovesse cambiare, non esiteremmo a rivolgerci alla magistratura perché accerti le eventuali ipotesi di reato». Farina è ben consapevole che stavolta si fa più sul serio e l’ipotesi di uno sfratto è più vicina e vera rispetto al passato. Da qui il quindicesimo presidio per difendere il centro.
A sostegno della causa, scendono in campo anche gli artisti, i musicisti e gli operatori dell’intrattenimento no profit. Hanno scritto una lettera perché il Leoncavallo e gli altri spazi autogestiti della città possano esistere e continuare con tranquillità i propri progetti. «Senza questi luoghi - si sostiene nel volantino di protesta - Milano sarebbe una città più fredda e povera.

Gli spazi autogestiti rappresentano da molto tempo un importante laboratorio culturale e offrono al loro interno appoggio, spazi o semplicemente un palco per realizzare e sperimentare idee, progetti e desideri».
Farina la butta lì, in chiave di conciliazione: «Il Leoncavallo può essere un punto di ritrovo per i giovani in vista dell’Expo 2015. Gli spazi di via Watteau sono ricchi di opportunità».

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