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Sfregio a casa Biagi: «Terrorista è lo Stato»

L’allarme di Cofferati: «Persone da identificare al più presto». Casini: «Ora c’è un motivo in più per chiedere scusa ai famigliari»

Sfregio a casa Biagi: «Terrorista è lo Stato»

da Bologna

Il mittente delle lettere di minacce del Partito comunista combattente era indicato in via dell’Inferno 1. Girato l’angolo si sbuca in via Valdonica, ghetto di Bologna, ma, soprattutto, la via dove Marco Biagi, il 19 marzo 2002, fu ucciso da un commando delle Br. Ora una scritta infamante è apparsa sul muro di fronte alla casa dove vivono la vedova e i figli: «Terrorista è lo Stato» ha tracciato una mano anonima con spray nero. Attorno nessuna sigla. La scritta è stata vergata forse venerdì, come ha segnalato al Resto del Carlino un residente che ha scritto subito pensando ai parenti del giuslavorista ucciso: «Uscendo di casa vedono questa oscenità».
La Digos ha avviato gli accertamenti, ma non sarà facile risalire agli autori. Giorni fa altre scritte («Terrorista è lo Stato», «Piazza Federico Aldrovandi, ucciso dagli sbirri», «Stato assassino») erano apparse sempre nel centro storico di Bologna, ma facevano riferimento a Federico, il ragazzo ferrarese per la cui morte sono sotto inchiesta quattro poliziotti.
Bologna, che da settimane vive in un clima di tensione dopo le lettere di minacce a firma Pcc e il rogo di due auto sotto la casa del portavoce del sindaco Sergio Cofferati, vuole risposte. «È una scritta vergognosa che segnala un problema non risolto come quello della presenza in città di persone attratte dalla follia del terrorismo» è stato il commento di Cofferati. «Sono persone da individuare rapidamente dalle forze dell’ordine» ha chiesto il sindaco. Immediata la condanna anche del ministro del Lavoro, Cesare Damiano: le scritte davanti a casa Biagi sono «un gesto ignobile da condannare con grande fermezza» ha dichiarato, sottolineando che tutto ciò lascia un «seme di tristezza profonda. Sono segnali che non vanno sottovalutati».
«Le scritte sui muri di Bologna e gli slogan gridati durante la manifestazione a L’Aquila contro Marco Biagi indignano ma non stupiscono - ha affermato il senatore di Forza Italia Maurizio Sacconi, per cui Biagi lavorava al ministero del Welfare -. Come sosteniamo da anni la linea eversiva trova il sostegno di una platea più ampia che a sua volta si alimenta del persistente antagonismo di classe che caratterizza un pezzo rilevante della sinistra politica e sociale». Condanna anche dal bolognese Pier Ferdinando Casini: «Ci sono tanti motivi per chiedere scusa ai famigliari di Marco Biagi - ha detto, riferendosi alla vicenda della scorta negata - ma da oggi ce n’è uno in più». Parole forti anche dal segretario ds Piero Fassino: «Un atto vergognoso che rivela lo squallore umano e politico di chi ha vergato quella scritta. Un episodio che rinnova il dolore della famiglia Biagi, a cui va la nostra solidarietà».
Anche il deputato Sdi Angelo Piazza, amico personale di Biagi e famiglia, usa parole forti: «È un’infamia, da lì passano i suoi ragazzi. Un’infamia che non ci deve riportare ai tempi più duri delle polemiche contro Marco». E aggiunge: «I dati sull’occupazione dicono che ci sono tre milioni di nuovi posti di lavoro, ed è anche merito di Marco. Considerarlo un oscuro esponente della reazione è un crimine». Ma il giudizio sull’operato di Biagi, ispiratore della legge 30 sul lavoro per il governo Berlusconi, è ancora oggi fonte di divisioni. Per la sinistra radicale quella resta la legge che ha gettato nella precarietà milioni di giovani. E questa tesi continua a fare proseliti.

Giovedì scorso la Digos ha perquisito otto attivisti anarco-insurrezionalisti accusati di avere diffuso un volantino in cui si giustificava il suo assassinio.

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