Li sentite gli evviva di vittoria e i tappi di champagne che saltano? Con la sua megalomania, Sgarbi ha fatto flop e la sinistra televisiva esulta al gran completo. A cominciare dal Fatto quotidiano, contro il quale il critico d’arte ha già annunciato querela. Le premesse non sono buone.
Dopo l’infortunio, adesso ci toccherà anche l’oblìo? La rimozione definitiva? O magari altri dieci anni di purgatorio televisivo? Fine delle chances, bonus esaurito: i moderati, gli altrimenti pensanti, non sanno far televisione. E dunque, lunga vita ai signori dell’audience, Santoro, Floris & Co. Al pensiero unico left oriented. Sarebbe tutt’altro che una bella via d’uscita. Che ci porterebbe dritti dritti allo schema precedente, fatto di editti, bavagli, vittime e martiri. Invece, se anche un tentativo è andato male, bisogna insistere. Magari contenendo costi e rischi. Però continuando a crederci. Tuttavia, per non perseverare, conviene far tesoro della lezione. Per dire: la difesa di Sgarbi è dignitosa e piena di ragioni. Ma anche la realtà ha le sue. Le regole sono date dall’oggetto. La televisione non si può farla a dispetto delle sue priorità. Si paga dazio, appunto. Se si vuole portare la cutura in prima serata, conviene renderla appetibile costruendo un programma. O almeno una performance forte, Benigni docet. Non basta mettere in scena se stessi. Tanto più se si gioca in trasferta e si allestisce uno show di due ore sentendosi un solista, un monologhista. Con il risultato di lasciare nel cassetto tanti materiali di qualità, come gli excursus sul padre nella storia dell’arte, sul fanatismo religioso, su Padre Pio, Giovanni Paolo II, la santità e la follia.
È andata male. Ma il difetto sta nel manico. Ovvero nelle sviste editoriali della precedente direzione generale della Rai. A proposito, Masi non doveva essere ospite fisso? Chi Sgarbi lo conosce bene, da subito non faticava a immaginare le difficoltà cui sarebbe andato incontro una volta messo alle strette dalla grammatica dell’one man show. Ecco perché, in qualche modo l’insuccesso era annunciato. Metabolizzato il quale, adesso è importante non rinunciare a mettere in campo una televisione alternativa a quella dominante, insistendo a cercare personaggi, individuare argomenti, inventarsi formule. La sfida continua. E la ricerca dell’anti-Saviano anche.
L’area moderata non potrà rassegnarsi ai propri limiti e ai propri infortuni televisivi.
E se non funzionasse?, avevo chiesto qualche giorno fa a uno Sgarbi invidioso del ruolo relativamente più leggero interpretato da Giuliano Ferrara con il suo Qui Radio Londra. Potremmo sempre invertirci le parti: lui è più direttore d’orchestra di me che invece sono una voce solista, era stata più o meno la risposta. Perché non pensarci?
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