Sgomberata dopo 17 anni di occupazione abusiva. Nella chiesetta delle suore della Carità di Santa Antida da Thouret, a Ostia, mai sconsacrata, in questi anni cè stato di tutto. Dai concerti rasta al cineforum. Al posto del crocefisso una bandiera con il volto del «Che», i banchi trasformati in sedili per birrerie autogestite, laltare in palcoscenico. Ci hanno provato in tanti a ripristinare il luogo sacro, persino un parroco, don Giovanni Falbo, in contrasto con lallora presidente della Caritas diocesana monsignor Luigi Di Liegro.
Ieri lallontanamento dei ragazzi appartenenti al «Collettivo LOfficina», da 6 mesi allinterno della struttura. Uno sgombero annunciato, del resto, per gli occupanti che, però, non mollano. «È un messaggio intimidatorio - ribatte Claudio, portavoce dellex colonia Vittorio Emanuele III - che arriva proprio nel giorno in cui é fissato il tavolo con il Comune sul futuro del teatro del Lido. Non ci facciamo intimidire: ci riprenderemo gli spazi della città a prescindere. Nessuno sgombero ci fermerà». La chiesa, in disuso dagli anni 70, viene occupata nel 93 da profughi somali, cacciati da strutture ricettive per problemi economici con il Campidoglio. Ci resteranno 4 anni, fino a quando la giunta Rutelli non riserverà loro un pettine della vecchia colonia marina. Fuori gli extracomunitari, dentro i centri sociali. La chiesa si trasforma in pub, teatro, cineforum. Denunce ai carabinieri, mozioni in consiglio comunale, proteste di esponenti politici. Ieri la svolta. «Lamministrazione Alemanno - commenta lassessore Davide Bordoni - sta tutelando gli spazi pubblici occupati senza diritto. Con questo sgombero si è restituito alla cittadinanza un luogo storico per il quartiere. Spero si possa tornare a dire Messa al più presto».
Non mancano voci divergenti: «Attraverso gli sgomberi - dichiara Ivano Peduzzi, capogruppo alla regione di Fds - e la chiusura di spazi sociali non si riqualificano le periferie. Questo di oggi non solo rappresenta lennesimo attacco a un territorio già colpito dalle speculazioni, ma rischia anche di porre fine a unesperienza storica che il Collettivo LOfficina ha costruito negli anni».
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