Uno sgombero lampo a Castelfusano Il censimento? Tempo e soldi sprecati

AMBIENTE L’Oikos punta l’indice contro chi non ha perseguito gli abusi nell’oasi protetta

Sarà demolita entro 48 ore, al massimo martedì, la baraccopoli di Castelfusano, teatro del tragico rogo di due giorni fa. Sette romeni che ancora ieri erano nascosti nelle baracche all’interno della pineta, sono stati trasferiti ieri nel residence Fabulus, convenzionato con il XIII municipio. Tra i sette c’è anche il marito della giovane vittima. Attualmente i carabinieri pattugliano l’area davanti alle baracche, ma ormai la pineta di Castelfusano è una distesa vuota. Le circa 400 persone che la popolavano si sono tutte dileguate. Ma a Roma altre favelas si trovano nascoste nel verde e nelle periferie più desolate. «Il censimento di Mosca, essendo su base volontaria, è ovvio che non risponde alla realtà dei fatti, le presenze sono molto sottostimate - afferma l’assessore comunale alle Politiche sociali, Sveva Belviso - Il numero dei senza fissa dimora, secondo le mie stime, si aggira fra le 8mila e le 9mila persone».
«In questi mesi abbiamo sgomberato circa mille persone dalle baraccopoli - spiega il consigliere Fabrizio Santori, presidente della commissione capitolina sicurezza -. Abbiamo lavorato assieme alle forze dell’ordine, alle guardie forestali e agli uomini della Folgore. Tutte le sponde del Tevere e dell’Aniene ora sono liberate. Abbiamo anche sgomberato il Pineto, le pendici di Monte Mario, la Valle dei Casali. Oltre a Castelfusano, dobbiamo ancora intervenire a Forte Antenne, alla Caffarella, a Quintiliani. Dopo il censimento di Mosca, un fallimento che ha comportato lo spreco di mesi e di risorse, stiamo recuperando tempo prezioso. L'obiettivo è quello di eliminare le baraccopoli da Roma prima dell'estate».
Anche la Croce Rossa, dopo i mesi persi, promette ora il massimo impegno: «Ci sono migliaia di bambini che vivono a Roma in condizioni drammatiche, occorre fare in fretta - ha detto ieri il Commissario straordinario della Cri, Francesco Rocca -. Quello che è successo a Castelfusano è una tragedia, non c’è più tempo da perdere sulla questione degli insediamenti abusivi. Il primo pensiero deve andare alle migliaia di bambini che vivono in condizioni disumane: vaccinazioni e scolarizzazione sono le parole chiave della nostra opera nelle prossime settimane» ha concluso Rocca.
Nei padiglioni della ex Fiera di Roma, in questo periodo il Comune ha allestito un grosso centro anti-freddo, dove far dormire e rifocillare gli sbandati. Sui centri di accoglienza che sarebbero vuoti rispetto alla loro capacità, come denunciato due giorni fa dall’opposizione, l’assessore Belviso ieri ha replicato: «Le strutture sono sature. Hanno soltanto 5 o 6 posti vuoti che servono proprio al Comune per far fronte a eventuali emergenze. Rispetto alla struttura Giaccone, abbiamo trovato molte stanze non a norma e quindi non possono essere ospitate altre persone».
Anche la società civile intanto fa sentire la sua voce. «Chi era a conoscenza dell’insediamento di Castelfusano e non ha fatto il suo dovere per rimuoverlo è da ritenersi moralmente responsabile di quanto è avvenuto» è il duro commento degli ambientalisti dell’Oikos: «Sino a prova contraria, costruire una baracca in una riserva naturale protetta costituisce un reato per chi lo compie e per i pubblici ufficiali, che avendolo accertato, non lo perseguono. Ci domandiamo che sarebbe successo se l’incendio fosse scoppiato d’estate, con la vegetazione secca, e quante altre vittime avrebbe potuto causare».
«Le istituzioni ora dovrebbero chiedere scusa per la morte della giovane immigrata e del suo bambino - dichiara Luigi Camilloni, presidente dell’Osservatorio Sociale - La tragedia di Santo Stefano è solo l’ennesimo campanello d’allarme. Bisogna farla finita con la pseudo-solidarietà fatta solo di parole e passare ai fatti. Non servono a niente gli sgomberi e la distruzione delle baracche se a distanza di dieci metri ne sorgono altre.

Serve più cooperazione con gli altri Paesi, che abbia come obiettivo la realizzazione di alloggi popolari per togliere le donne e i bambini da sotto i ponti. Se non siamo in grado di garantire loro un tetto, allora non resta che procedere alla politica delle espulsioni».

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