Shakespeare chiama Lopez per «rianimare» Romeo e Giulietta

Uno dei finali più struggenti della storia della letteratura sciupato da un imprevisto: uno slittamento nella consecutio temporum che influenza gli eventi trasformando la tragedia di Romeo e Giulietta in farsa. Miracolosamente scampati alla tomba, vent’anni dopo, i due sposi vivono a Verona in ristrettezze economiche. Litigano come cane e gatto: lui è diventato un maestro di tango argentino, lei fa la civetta con gli uomini ed è madre di un’adolescente inquieta. Succede a teatro, l’altare della massima tragedia shakespeariana dove Oh Romeo, spettacolo di Ephraim Kishon con la regia di Giorgio Lopez, alzerà il sipario questa sera al Vittoria. Irriverente, grottesco, paradossale, lo show con musiche dall’originale How now Juliet l’anno scorso è stato campione d’incassi a Milano grazie alla vis comica di un gagliardo Massimo Lopez. L’attore si disimpegna bene sulla scena zigzagando tra due ruoli, Shakespeare e Frate Lorenzo, personaggi immersi nel contesto storico dell’epoca con ammiccamenti che rimandano all’attualità. A coadiuvarlo in scena Giuliano Chiarello (nel ruolo di Romeo), Alessia Duca (Giulietta e Lucrezia), Rossella Celindano (la nutrice).
«È uno Shakespeare indignato; sbuca dall’oltretomba per ripristinare l’antico ordine del suo dramma» spiega l’attore, classe 1952, innamorato del divertissement al punto di profanare un classico della letteratura (coi colleghi del Trio aveva già rimaneggiato i Promessi sposi). «Credo nell’istinto del momento e adoro giocare. Mi solleticava l’idea di stravolgere la love story per antonomasia: una coppia “scoppiata” che litiga per il forno rotto».
Alla fine, meglio l’elegia della morte o la routine sfianca-matrimoni? «Il finale non lo dico. Nella vita, però, mi fa arrabbiare quando sento dire: vorrei una pausa di riflessione». Riguardo al successo e alla simpatia Lopez appare più maturo e sereno di tanti colleghi: «Sono un tipo solare, amo la gente e non scappo davanti ai fan. Nella vita ho bisogno di mettermi sempre in discussione, imparare cose nuove. Non mi sento arrivato».
Un sogno nel cassetto lo conserva anche Lopez: «Esordire al cinema in un ruolo drammatico, magari diretto da un regista come Tornatore o D’Alatri. Non è che disprezzi la comicità.

Ho iniziato col teatro classico e solo dopo ho iniziato a sfruttare la mia vena comica: prima con Alberto Lionello, poi con Solenghi e la Marchesini».
Nostalgia in agguato? «Sarebbe impossibile rifare il Trio, ma... Una zingarata sì, spesso ne parliamo. L’idea è nell’aria».

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