Sharif, un San Pietro arabo: «Sarà difficile fare altri ruoli»

Lunedì su Raiuno la fiction sull’Apostolo di Gesù. L’attore: «Sul set sentivo le voci mistiche». Nel cast anche Claudia Koll

Sharif, un San Pietro arabo: «Sarà difficile fare altri ruoli»

Paolo Scotti

da Roma

E stavolta tocca a lui. Al santo più noto che esista. Anzi: al santo per definizione. Nell’ormai lungo elenco delle fiction d’ispirazione religiosa, e dedicate alle grandi figure della Bibbia - infatti - curiosamente era proprio lui a mancare: l’apostolo scelto dal Signore, il primo dei suoi vicari in terra. E per incarnare catodicamente San Pietro, la Lux Vide (indiscussa protagonista di queste trasposizioni; non sempre riuscite sul piano dell’arte, ma infallibilmente su quello degli ascolti) ha puntato in alto. Coinvolgendo uno dei più solenni ed intensi attori del cinema internazionale.
«Interpretare Pietro è stato per me così importante che ancora oggi ne parlo con difficoltà - considera l’egiziano Omar Sharif -. Mi ci sono tuffato con serietà, con rigore. Così questo film è diventata per me un’avventura straordinaria; al punto che ogni giorno sul set, e durante le riprese, finivo per commuovermi. Anche troppo, ora che mi sono rivisto sul piccolo schermo. Per me sarà difficile interpretare altri ruoli, ora». San Pietro, nuovo episodio della serie Imperium con cui Lux Vide e Rai Fiction stanno tratteggiando figure ed eventi di cinque secoli di storia della Roma antica, proporrà dunque lunedì e martedì, per la regia di Giulio Base (lo stesso di Padre Pio e Maria Goretti) l’appassionante vicenda terrena del pescatore di Galilea. Dal tragico giorno della crocifissione di Gesù - subito dopo che Pietro l’ha dolorosamente rinnegato - alla terribile crocifissione dello stesso discepolo, trent’anni dopo, le due puntate seguiranno la dura ma esaltante diffusione della buona novella nel mondo d’allora: l’amicizia tra Pietro e Paolo, dopo la clamorosa conversione di quest’ultimo; le persecuzioni di Nerone nella Roma imperiale; la testimonianza estrema del martirio. «Mentre giravamo mi sembrava di sentire delle voci - racconta Omar Sharif -. Io non credo a queste cose, pur essendo stato educato alla fede cattolica. Chissà: forse era mia madre, che da lassù mi sosteneva. Mi piace crederlo». Il grande attore, premio oscar per Lawrence d’Arabia e indimenticato Dottor Zivago, afferma che con questa sua ultima interpretazione spera «soprattutto di trasmettere un messaggio d’amore. È l’amore, l’unica speranza per il travagliato mondo d’oggi, l’unica cosa che possa ancora salvarlo». Ma, da professionista rigoroso e divo intelligente qual è, non dimentica anche un po’ di sano senso dell’autoironia: «L’importante, soprattutto affrontando ruoli simili, è di non perdere mai la testa. Se mi capitasse d’entrare a San Pietro, ad esempio, sarebbe un po’ troppo sentirmi proprio la reincarnazione del titolare di quella basilica». Girata in Tunisia presso Hammamet, nel ciclopico set con più di 60.000 metri cubi di palazzi alti fino a 15 metri già utilizzato per gli altri episodi di Imperium, e con gran dispendio di attori di nome (oltre Sharif anche Daniele Pecci, che è Paolo, Flavio Insinna che fa Davide, Lina Sastri che è Maria, Claudia Koll che è Anna, Ettore Bassi che fa Claudio e Philippe Leroy che è Gamaniele), San Pietro tenta - insomma - l’affresco dell’agonia del paganesimo, sotto l’inarrestabile forza propulsiva del nascente cristianesimo. «Tutto sotto l’attenta supervisione di un gruppo di storici e teologi - fanno notare i produttori - per mantenerci rigorosamente fedeli alla verità storica».

E tutto con la speranza che il prodotto, oltreché grande spettacolo, offra anche grandi valori positivi. «La tv è fatta soprattutto di cattive notizie, lo sappiamo tutti - osserva Sharif -. Che almeno la nostra risulti davvero una buona novella».

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