Roma - È tornato a casa il Bambi di Kiev, ma senza lasciare a becco asciutto i milioni di persone che, grazie ai suoi gol, hanno vissuto emozioni potenti sugli spalti. Ha deciso di darsi al cinema, infatti, il calciatore Andriy Shevchenko, ora in ritiro ucraino con la sua patria-squadra Dynamo Kiev (dov’è sotto contratto biennale, da capitano ed eroe locale), dopo aver lasciato traccia (e a titolo gratuito) della propria trascinante persona nel film di Stefano Calvagna L’ultimo ultras (non c’è errore, ma differente appartenenza di squadra nella dicitura con la «s» finale), in uscita il 4 settembre, a campionato appena iniziato.
Nell’interessante pellicola antiviolenza, dove si racconta il calcio dalla parte degli ultrà di coltello facile, però pronti al ravvedimento, il trentaduenne Sheva fende l’aria con due metri di spalle. Ma «Vento di passione» tira in porta virtuale, perché lo vediamo, in pullover e camicia, mentre, nella toilette d’un ristorante sul Lago di Garda, si lava le mani fianco a fianco con il protagonista del film (Calvagna stesso), uno di quei matti che vanno allo stadio con torce e spranga, quasi esclusivamente per fare a botte e, se ci scappa il morto (come qui), si scapperà lontano, in latitanza. «Perché la violenza? Ma se lo stadio è uno sport!», chiede con virile dolcezza Andriy, sgranando gli occhioni sognanti, anche perché il tatuaggio sul braccio del capocurva vicino a lui reca la testa di un’aquila, con la scritta «Si vis pacem, para bellum» (Se vuoi la pace, prepara la guerra). E dopo aver ascoltato, annuendo con calma, la tiritera «lo facciamo per la maglia» e la lamentela «giovani disoccupati si sacrificano, per seguirvi e voi, neanche un saluto dal campo», il «calciattore» conviene: «È stato utile parlare con te. Ci penserò su e ne parlerò con altri».
Stavolta il re dell’Est, che in tutto accontenta la moglie ex-modella Kristen Pazik, madre dei loro Jordan, cinque anni e Kristian, tre anni, fa sul serio. L’idea di recitare, sia pure in una piccola parte, è nata da un’amicizia. «Conoscevo il regista Stefano Calvagna, del quale avevo visto Il lupo, un film che mi era piaciuto molto. È un po’ il mio genere, così, realistico. Quando poi Giancarlo Barone, il capo della Curva Sud del Milan, mi ha parlato del progetto de L’ultimo ultras, a quel punto ho voluto conoscere il copione. Calvagna, così, mi ha inviato anche il dvd del suo film Il peso dell’aria, che ho visto. Mi è piaciuto e così, poiché lo sentivo abbastanza affine, ho voluto approfondire. Siamo andati al ristorante, a Milano, a parlarne. Mi ha colpito soprattutto il messaggio positivo del film», racconta il campione, attratto soprattutto dall’idea di diffondere, presso i giovani, un messaggio positivo. «Tutti, alla fine, possiamo migliorarci. La storia di questo tifoso, che paga con la sua vita il suo errore e l’errore di un suo amico, parla di purificazione. Dice che ognuno può farcela, però soltanto se ammette i propri errori».
Il calciatore, comunque, non è nuovo alla cinepresa, essendo già apparso, con Lino Banfi, nella commedia L’allenatore nel pallone 2, ma stavolta è diverso.
«Stavolta mi sono divertito di più. È la prima volta, per la verità, che faccio l’attore da solo. Nel film con Banfi, invece, ho fatto qualche episodio, non facevo un vero discorso... Dicevo soltanto: “Io sono bomber, Mister!”. Qui interpreto una vera parte, nel ruolo di me stesso, un atleta noto, che dice la sua ed ho potuto anche intervenire, aggiungere qualcosa di mio». Pare, infatti, che l’idea della pacca sulla spalla del tifoso, alla fine del dialogo tra i due uomini, sia di Sheva, desideroso di aggiungere un tocco di umana complicità. Se il capitano della Dinamo Kiev dice d’aver visto i film di Calvagna, dovremmo forse pensare che Sheva è anche un cinefilo, appassionato di cinema e che pensa di fare l’attore, in futuro? «Per rilassarmi guardo i film in dvd. Conosco bene C’era una volta in America di Sergio Leone, per esempio». Ma che tipo di attore potrebbe diventare, lo «Zar», in un futuro neanche troppo lontano? Sicuramente un attore perfezionista, perché secondo quanto riporta il regista Calvagna, «Andriy è sempre pronto a ripetere la scena, se non è buona la prima». Magari qualcuno, vedendo alcune scene di violenza tra tifoserie opposte, potrebbe essere indotto ad assumere certi atteggiamenti? «Qui si possono vedere tutti e due i lati della medaglia del calcio.
Questo film racconta anche la soddisfazione dei tifosi, quando riescono a vedere la loro squadra, che vince. Si parla delle difficoltà dei giovani, dei sogni della gente. Nella vita l’importante è sforzarsi di capire le ragioni degli altri».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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