Si dice pace ma è guerra

La notizia che emerge dal dibattito e dal voto del Senato sul rifinanziamento delle missioni militari italiane sembra sia secondo la stampa un fatto di politica interna e cioè la divisione del Polo. In realtà il vero fatto è che la maggioranza e l'opposizione hanno due diverse politiche estere. E sulla politica estera e militare non ci sono divergenze tra la maggioranza e Udc perché unite sulla medesima impostazione: quella di dare nuove armi ai nostri soldati e di mutare le regole di ingaggio. Questo voleva dire accettare il fatto che l'operazione Isaf, in Afghanistan, non è una operazione per mantenere una pace già consolidata ma è un intervento per imporre la pace: e ciò, l'imposizione della pace, si fa attraverso la guerra. I partiti della Casa delle libertà hanno chiesto in forma diversa la medesima cosa: e cioè il riconoscimento che in Afghanistan i militari italiani possano fare la guerra e che questa non è una parola scomunicata perché purtroppo non è cancellabile dalla storia.
La linea del governo è quella che l'Italia non può fare la guerra ma solo operazioni di pace nel quadro delle Nazioni Unite. Questa è una dottrina stabilita nella sinistra italiana. E fu il presidente della Repubblica Ciampi a imporre che la presenza italiana in Irak fosse vista come operazione di mantenimento della pace mentre era chiaramente un'operazione di guerra. E le strutture date ai nostri soldati erano rigorosamente limitate al principio del mantenimento, non dell'imposizione, della pace. Si fece il possibile per dare alla spedizione in Irak un carattere che non poteva avere. E ci domandiamo se avremmo avuto i morti di Nassirya se le nostre truppe fossero state equipaggiate e condotte per quello che facevano, cioè un'operazione di guerra. Ma la sinistra domina il Quirinale, da Cossiga in poi.
Il governo Berlusconi aveva scelto chiaramente la sua posizione anche in Afghanistan: ed ora la Casa delle libertà ha ribadito la posizione richiesta dagli altri alleati che operano in Afghanistan e ha chiesto che la missione militare assuma la natura che la natura della guerra richiede. In linea di principio era più solidale con i nostri alleati e con i nostri soldati la linea scelta da Forza Italia, da An e dalla Lega, cioè di trattare un'azione di guerra con le strutture di guerra che servono sia a proteggere i soldati che a sconfiggere i talebani. Ma l'Udc ha voluto dare un'immagine di moderazione, ma non si rende conto che la differenza in politica estera tra la sinistra e la Casa delle libertà è ormai divenuta una differenza di principio. E ci voleva proprio il capolavoro del ministro D'Alema, considerato l'ala pensante di governo della coalizione di maggioranza, per una gestione così fallimentare della vicenda Mastrogiacomo: uno scambio con terroristi di numero imprecisato, negoziato con il governo Karzai ponendolo in ulteriore difficoltà perché la liberazione ha riguardato soltanto l'italiano e non l'afghano.
Il senatore Iannuzzi dice che non si comprende la differenza tra il Sì alla camera dei Deputati e il No al Senato scelti dalla Casa delle libertà. Ma cinque giorni in politica sono un tempo lungo e mai nella sua storia l'Italia era entrata in conflitto con gli alleati della Nato a cominciare dagli Stati Uniti per il fatto di aver concepito la liberazione dell'ostaggio fuori di un percorso del tempo di guerra. La vita dell'ostaggio è diventata un valore assoluto. Ho l'impressione che per la cultura dominante la vita di un giornalista valga più della vita di un soldato. E la ragione è chiara: perché il giornalista è neutrale e il soldato no. Il neutralismo e il pacifismo appaiono dunque anche nel differente peso dato alle vite umane. Per Barbara Spinelli l'inviato speciale è un semidio se è neutrale, è la voce della verità contro le voci della guerra.
Neutralismo e pacifismo sono le radici della sinistra italiana. E proprio il ministro degli Esteri, che si attribuiva una figura politica di mediazione è apparso come colui che vuole dare una svolta neutralista e pacifista alla politica estera italiana. Lo si vede nel suo capolavoro, il Libano, dove le forze delle Nazioni Unite sono mere masse di interposizione che non impediscono il riarmo degli Hezbollah. La questione del fondamentalismo e del terrorismo islamico non è questione che riguardi la sinistra. E se il centrodestra ha fatto qualche errore nel modo di comportarsi nel caso delle due Simone e della Sgrena, è dovuto al peso della sinistra in Italia, che come sempre ha avuto dalla sua parte il Quirinale. Ma nonostante la morte di Calipari non è accaduto tra Italia e alleati occidentali un incidente così grave, reso ancora più incredibile dalla falsa assicurazione di D'Alema sulla benigna negligenza del governo americano sullo scambio dei talebani con il giornalista.

Ora Casini sa che non solo c'è una differenza di principio tra governo e opposizione, ma che il governo non ha la maggioranza autosufficiente. Un motivo di più per ritrovare quell'unità che non è mai venuta meno sui principi tra la Casa delle libertà e il partito di Casini.
Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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