Si dimette politico ds: si era dato tre stipendi (e salva quello più alto)

Il governatore dell’Emilia costretto a cacciare il presidente delle Ferrovie regionali. Per aggirare il taglio alle indennità si era autoassunto come capo del personale a 90mila euro l’anno

da Bologna

È stato costretto a dimettersi da due dei tre incarichi pubblici che ricopriva Claudio Ferrari, ex assessore dei Ds alla Provincia di Reggio-Emilia, eletto un anno fa alla presidenza delle Ferrovie Emilia-Romagna, nonché amministratore delegato della Ferrovie Bologna-Vignola. Era diventata difficile la sua posizione: dopo il taglio di stipendio come presidente di Fer (da 120mila a 54mila euro) deciso dalla Regione Emilia-Romagna, socia di maggioranza della società che gestisce i treni regionali, Ferrari un mese fa era stato assunto dal suo stesso consiglio di amministrazione come responsabile del personale e delle relazioni industriali della stessa società. Un nuovo lavoro da dirigente da 90mila euro lordi l'anno, che si aggiungeva allo stipendio da presidente e a quello di ad della Bologna-Vignola, di circa 20mila euro. Ma, soprattutto, una decisione presa con l'assenso dell'assessore ai Trasporti della Regione, Alfredo Peri, in totale contraddizione con la delibera taglia-stipendi degli amministratori pubblici introdotta dal decreto del ministro Linda Lanzillotta e recepita dall'Emilia-Romagna.
L'annuncio delle sue dimissioni lo ha dato ieri il presidente dell'Emilia-Romagna, Vasco Errani, proprio mentre era intento a presentare alla stampa un ambizioso piano di razionalizzazione del governo locale e di riduzione dei costi della politica: «Il presidente Ferrari mi ha consegnato le sue dimissioni - ha affermato Errani, che lo aveva incontrato poco prima -. Apprezzo il suo gesto e così si taglia la testa al toro di un possibile doppio incarico per aggirare la riduzione dei costi. La Regione intende fare sul serio sui tagli di amministratori e stipendi». Per Errani il caso è chiuso e anche da Ferrari arriva un «no comment». Anche perché, sottolineano in Regione, le sue dimissioni erano già previste per gennaio. Certo, si ammette a denti stretti, le cose si sarebbero potute fare con un po' più di stile. Dopo l'annuncio del governatore, è arrivata la dichiarazione di Ferrari: «Mi vedo costretto, dal perdurare delle polemiche di stampa, a compiere un atto netto, immediato e chiarificatore, coerente comunque con un percorso che l'assemblea dei soci Fer aveva già stabilito. Ho rassegnato da subito nelle mani del presidente Errani l'incarico di presidente Fer e amministratore delegato di Fbv, rimanendo a disposizione per gli adempimenti societari conseguenti». E infatti Ferrari manterrà il suo ultimo lavoro, quello di responsabile del personale per Fer, mettendosi in tasca circa 10mila euro in più rispetto allo stipendio che avrebbe avuto da presidente dopo il ritocco verso il basso.
Tuttavia per il presidente del gruppo di Forza Italia in Regione, Giorgio Dragotto, non è affatto solo una questione di stile ma, piuttosto, di impiego di denaro pubblico per elargire nomine e incarichi alla propria parte politica: «Le dimissioni di Ferrari sono doverose - afferma - ma non sanano, al contrario di quanto sostiene il presidente Errani, la gravità dell'accaduto». Per l'azzurro, infatti, «lo scandalo, non è tanto e solo l'escamotage con cui si è aggirata, con l'avallo dell'assessore Peri, la normativa regionale taglia incarichi e stipendi. Lo scandalo è che sia Ferrari sia Peri ed Errani considerino normale, in virtù della comune appartenenza politica al Pd, il disporre a piacimento di incarichi aziendali in società a maggioranza pubblica.

Alle dimissioni di Ferrari - conclude Dragotto - è auspicabile seguano quelle del suo ispiratore e protettore politico: l'assessore Peri».

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