«Una mattina mi son svegliato e Bella ciao non era più l'inno della sinistra unita». Così potrebbero cantare, da ieri, i gruppi che si sono raccolti in La Sinistra-L'Arcobaleno. L'ultimo rapporto del Censis ci ha appena finito di spiegare che la società italiana è simile a una «poltiglia» e a una «mucillagine», e subito arriva la controprova: l'unione della sinistra radicale nasce già divisa pure sullo storico inno della Resistenza. In questa società disarticolata, sembra persino troppo chiedere che la sinistra radicale faccia la sinistra radicale, e che la sinistra unita sia davvero unita. Ieri all'Eur, portata a termine la nascita della «Cosa Rossa», i comunisti di Diliberto, di Giordano e di Mussi si sono messi a cantare, commossi, l'amato inno resistenziale: «O partigiano, portami via, ché mi sento di morir». È un bell'inno, che fa scaldare i cuori anche nella versione rocchettara dei Modena City Ramblers scelta per l'occasione. Se non che i Verdi, quarta componente della nuova formazione, se ne sono stati lì, muti e impalati, come i soldati austriaci del Giusti. «Non è nella nostra tradizione», ha detto Pecoraro Scanio per giustificare la scortesia. Ma quel silenzio è stato più che una scortesia, perché Bella ciao è da sempre un simbolo della sinistra più guerreggiante. E in politica i simboli sono anche più importanti dei programmi, hanno un valore sacrale, una funzione di cemento. Se non ci si intende su quelli è poi molto difficile intendersi su tutto il resto. Quanto ai simboli, La Sinistra-L'Arcobaleno era già nata con un problema non da poco: la mancanza della falce e martello, contestata da Marco Rizzo come «inammissibile in un gruppo formato per l'80 per cento da comunisti». Vedremo se Rizzo farà seguire alle parole i fatti. Nel frattempo Pecoraro Scanio ha dato seguito al silenzio con le parole: «Ci aspettavamo, casomai, di cantare Il vento soffia ancora di Pierangelo Bertoli». Sono andato a leggere il testo, ecco l'attacco: «E l'acqua si riempie di schiuma il cielo di fumi / la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi / uccelli che volano a stento malati di morte / il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte / un'isola intera ha trovato nel mare una tomba». Con tutto il rispetto, preferisco Bella ciao.
E vorrei che i comunisti la difendessero, come un patrimonio storico, e comune, del Paese. Già si sarebbero dovuti ribellare quando la canticchiò Santoro, equivocando la Resistenza con l'emittenza. Che ora non se la facciano censurare da Pecoraro Scanio.
Giordano Bruno Guerri
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