Diego Pistacchi
Non erano gemelle solo per l’anagrafe, Beatrice e Piera. Ma la loro vita è sempre stata la stessa. Fino alla fine, fino alla scelta di farla finita allo stesso modo, e insieme. Quelle due donne che avevano scelto di morire in modo così clamoroso, tra le barche riparate dalla passeggiata di Nervi, dovevano essere unite da un sentimento particolare, da una storia sempre vissuta in simbiosi. E quando i carabinieri sono riusciti a dare un nome a quei due cadaveri ritrovati all’alba dal «guardiano del faro» di Nervi, si è lentamente capito ogni attimo della loro scelta estrema.
Una scelta probabilmente fatta trent’anni fa, quando nel 1976 era morta la terza sorella. Anche lei suicida, in preda alla depressione. Si era uccisa lasciando aperto il gas della cucina, con il rischio di far saltare l’intera palazzina. E con il risultato di far saltare il cuore di Beatrice e Piera, le altre due sorelle che l’avevano trovata morta in casa. La più grande delle due aveva già 35 anni, ma da quello choc non si era più ripresa. Da allora era in cura presso specialisti e strutture psichiatriche del San Martino. Ma anche Piera Rua, che ha vissuto con lei nello stesso appartamento di piazza Palermo, alla Foce, non riusciva a cancellare il giorno più brutto della sua vita e aveva deciso che non avrebbe potuto sopportare l’idea di restare sola.
Beatrice e Piera, hanno condiviso per anni anche lo stesso lavoro. Che quasi per un irriverente scherzo nei confronti della loro amarezza, le metteva tutti i giorni a contatto con i dolci, l’una allo stabilimento Saiwa di Novi Ligure, l’altra in una pasticceria della città.
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