Negare la grazia a uno che è conosciuto come «il bel René» può anche sembrare una brutta cosa. Un alone di spavalderia sanguinaria ma leale avvolge da sempre la figura di Renato Vallanzasca, per trentasette anni ospite delle patrie galere. Non è che sia stato un bandito gentiluomo, e nemmeno un Robin Hood alla meneghina che togliesse ai ricchi per dare ai poveri. Capo, a ventanni, della banda della Comasina, rapinava e uccideva, allingrosso. Gli sono stati attribuiti sette omicidi, puniti con quattro ergastoli (in aggiunta, per misfatti minori, 260 anni di reclusione).
Intelligente, piacente, sveglio Vallanzasca smentiva tante chiacchiere sociologiche. Non era stato indotto alla delinquenza dalla miseria e dal degrado ambientale. Il padre e la madre erano proprietari dun negozio di abbigliamento. È che aveva proprio la vocazione del gangster, anzi del capo-gangster: alloccorrenza assassino senza esitazione e sequestratore (un suo ostaggio, una ragazza, sinvaghì di lui). Gli piaceva esibirsi e scialare, la sua stagione costellata di morti e di follie lasciò unimpronta nella Milano convulsa e cupa tra gli anni Sessanta e Settanta. Fu feroce e indomabile, dopo la cattura riuscì ad evadere (1980) da San Vittore, un anno dopo scatenò una rivolta nel carcere di Novara, nel 1987 scappò a Genova, infilandosi in un oblò, dal traghetto che doveva portarlo allAsinara. Fu riacciuffato mentre tentava di raggiungere Trieste.
Finisce quasi per ispirare ammirazione, e infatti ne ha ispirata, questo indomito nemico della legge: le cui vicende hanno dato spunto a film, a spettacoli teatrali, a un gruppo musicale e ad alcune biografie. Fosse libero di muoversi, i talk-show se lo contenderebbero di sicuro. Detto tutto questo, e resi a questo primattore della criminalità gli onori che merita, bisogna pur aggiungere che la richiesta di grazia da lui presentata nel 2005 - e giustamente respinta in questi giorni - è stata un passo falso. Quando ci si chiama Vallanzasca, e non si è esitato a mettere a morte due preti, quattro poliziotti, un vigile urbano, un medico, un impiegato di banca, lappello alla clemenza diventa una provocazione. Lavanzarlo significa pretendere che la giustizia, e oltre alla giustizia la società, dimentichino i cadaveri delle vittime, per privilegiare invece il fascino tenebroso dun bel René che adesso è meno bello, e chiama al suo servizio i buoni sentimenti: vuol stare vicino alla madre novantenne e sposare la compagna Antonella.
Sono contro la pena di morte ma anche contro un perdonismo indiscriminato e alquanto futile, che archivia gli ammazzamenti e premia gli ammazzatori vivi e vegeti. Vallanzasca potrà osservare che alcuni suoi emuli - favoriti dal movente politico degli omicidi - sono in libertà. Ma semmai lo scandalo sta in quelle libertà, non nel no alla sua grazia. Voglio aggiungere che Vallanzasca è poco credibile, e un po risibile, quando assume atteggiamenti di pedagogica lagnosità. Ha da ridire sulla casa circondariale di Opera, nei dintorni di Milano, dove è stato trasferito nel luglio 2006 dal penitenziario di massima sicurezza di Voghera.
Mario Cervi
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.