Si vive di più con una giapponese

Masashi Tanaka, direttore del dipartimento della salute e della longevità dell’Istituto di gerontologia di Tokyo, massimo esperto giapponese di longevità e invecchiamento, ha partecipato in questi giorni a Roma ad un incontro, organizzato da Fondazione Sigma-Tau, dedicato a «Italia e Giappone: storie di straordinaria longevità tra cinema e ricerca medica». Il professor Tanaka, che è stato anche all’università di Bologna per il Mitochondrial Day, ha illustrato i risultati di alcune ricerche genetiche sulla longevità che sta sviluppando in Giappone. In pratica ha fornito delle risposte sulle cause che portano molte persone a superare la barriera dei cento anni.
«Nei centenari giapponesi ha affermato - abbiamo analizzato le variazioni del genoma mitocondriale trasmesse per via materna. I mitocondri sono le centrali elettriche intracellulari che forniscono quasi tutta l’energia necessaria per l’attività delle cellule. Per svolgere al meglio questa attività utilizzano la carnitina come carrier per il trasporto degli acidi grassi all’interno dei mitocondri. Recenti studi su questa sostanza endogena hanno, inoltre, dimostrato che la carenza di carnitina è, ad esempio, strettamente collegata alla tossicità dei farmaci usati in chemioterapia. «Una scoperta - ha affermato il professor Moehamed Sayed-Ahmed, direttore del National Cancer Institute de Il Cairo - che può aprire la strada verso un possibile nuovo impiego di questa straordinaria molecola per attenuare il senso di nausea, vomito, inappetenza, fatica, conseguenti alla chemioterapia nei pazienti oncologici».
Tornando ai mitocondri. Sono delle fornaci che bruciano l’idrogeno estratto dalle sostanze nutrienti con l’ossigeno assunto durante la respirazione. Sono anche i principali produttori di specie reattive dell’ossigeno (Ros), le cui molecole possono attaccare le proteine, i lipidi e il Dna. Quindi si presuppone – ha precisato Tanaka - che i mitocondri siano strettamente legati al processo di invecchiamento. Il genoma mitocondriale è un piccolo Dna circolare costituito da 16.569 coppie di basi, rispetto ai tre miliardi di coppie di basi del genoma umano. Ogni mitocondrio contiene diverse copie di Dna mitocondriale. La quantità di Rna messaggero trascritto dal genoma mitocondriale costituisce circa un terzo dell’Rna complessivo delle cellule. Questo genoma cambia molto da una persona all’altra, perché il ritmo di evoluzione del Dna mitocondriale è 10-20 volte superiore a quello del Dna nucleare. Possiamo quindi ipotizzare che le differenze funzionali tra i genomi mitocondriali di persone diverse influiscano sulla loro predisposizione a certe malattie metaboliche legate all’invecchiamento, come il diabete di tipo due e la sindrome metabolica». Nel 1998 il team di ricercatori del professor Tanaka ha scoperto nei centenari giapponesi un’abbondante presenza dell’aplogruppo mitocondriale D che aumenta la resistenza a varie malattie legate all’invecchiamento. Nel 1999, all’università di Bologna, l’équipe del professor Claudio Franceschi ha scoperto che nei centenari italiani la longevità era invece legata alla presenza dell’aplogruppo J. Questi polimorfismi sono probabilmente collegati all’effetto antiossidante o alla stabilizzazione degli enzimi mitocondriali. Quindi per prevedere la longevità in Giappone e in Italia bisognerebbe seguire percorsi diversi. Per vivere a lungo se siete uomini – ha affermato Tanaka con una presumibile dote di ironia – dovete sposare una donna giapponese. La vita media delle giapponesi è di 86,44 anni, la più lunga di tutti i paesi del mondo. I vedovi vivono di meno degli uomini che hanno ancora accanto le loro mogli. Quindi potremmo dire che le mogli salvano la vita ai loro mariti. O che la durata della vita degli uomini dipende dalla longevità delle loro mogli. Per le donne, vivere con un marito anziano può essere stressante, e quando i loro mariti muoiono riescono a star bene anche da sole. Quindi l’assistenza psicologica è più importante per i vedovi che per le vedove. Dopo poco tempo si sanno consolare molto bene.

Le vedove, vivono più a lungo delle donne che hanno ancora un marito. La vita media degli uomini giapponesi è di 79,5 anni, quindi sono solo al quinto posto nel mondo. Perciò, se siete donne, sposare un giapponese può essere un buon sistema per vivere a lungo».

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