nostro inviato a Parigi
Arrivano le elezioni e la coppia scoppia. Colpa di Sarkozy e di Ségolène. Votare per l'uno o per l'altra non è solo una questione politica: è una scelta di valori. Così, durante le discussioni tra amici e in famiglia che hanno costellato una campagna elettorale appassionante, spesso è accaduto l'irreparabile. Parlando dei due candidati alle presidenziali, moglie e marito si sono accorti di non avere la stessa visione della vita. Hanno scoperto le vere priorità civiche ed etiche del proprio partner. Una lacerazione drammatica che frequentemente è sfociata nella separazione.
Secondo le stime riportate dalla stampa, nei primi quattro mesi dell'anno è aumentato il numero dei divorzi e, sebbene non sia facile elaborare in breve tempo statistiche sulle cause, giudici e avvocati concordano nell'individuare nel duello per l'Eliseo una delle ragioni scatenanti.
«Il voto è profondamente identitario. Originariamente prende forma in seno alla cellula familiare, dunque tocca un aspetto molto sensibile di ognuno di noi: perché ci ricorda chi siamo e da dove veniamo», spiega sul quotidiano la Croix lo psicologo Robert Neuberger. Molte coppie vivono nell'illusione, alcune nell'equivoco, altre nella finzione. Quando le basi sono così fragili basta poco per far saltare gli equilibri. Sarko e Ségo hanno polarizzato le opinioni: pro o contro il Sessantotto, una società multietnica, il nucleare. Più sicurezza o più socialità? Rispondere a queste domande significa, in molti casi, chiarire quali sono i valori che si intendono trasmettere ai figli. Mariti conservatori si sono accorti di avere mogli progressiste. Donne con una forte cultura femminista sono rimaste disorientate nell'apprendere che il proprio insospettabile compagno vota per Sarko. E sono finiti di fronte a un giudice.
Forse proprio per evitare questo rischio, il 26% dei coniugi francesi dichiara di non sapere per chi voti il proprio partner, secondo un sondaggio realizzato lo scorso febbraio. «Non è raro che marito e mogli si accordino tacitamente per evitare di affrontare il tema», dice Neuberger, che aggiunge: «Ci si accontenta di credere che, all'ingrosso, si condividono gli stessi criteri morali, senza spingersi oltre».
D'altronde solo recentemente i francesi hanno iniziato a parlare apertamente di politica; fino a qualche anno fa il ricordo delle dittature nazi-fasciste e il timore del comunismo inducevano la maggior parte della gente alla cautela e dunque a non esternare le proprie opinioni, il che limitava di conseguenza anche i rischi di una crisi in famiglia. Le ultime generazioni hanno perso queste inibizioni e si esprimono con più disinvoltura. Forse non è un caso che i divorzi siano in aumento proprio tra i giovani.
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