da Milano
I dati sulla spesa del 2005 registrano una flessione del 5,5 per cento rispetto al 2004, con valori assoluti che sono i più bassi degli ultimi 5 anni. Si va meno al cinema, è quasi fuga dalle discoteche. Anche se qualche nota positiva c'è e riguarda la musica, soprattutto quella leggera. Con un exploit a sorpresa della prosa e dei recital letterari.
A lanciare l'allarme, la Siae, che ieri ha presentato a Roma i dati annuali. E che per marcare stretta questa situazione ha annunciato un nuovo monitoraggio già a metà anno. La situazione «è preoccupante», ha sottolineato il presidente Giorgio Assumma. Anche se forse è presto per parlare di crisi («aspettiamo a vedere i dati del 2006 e del 2007») e i motivi che possono aver portato gli italiani a ridurre la spesa, ragiona il presidente, possono essere diversi, «dall'espansione dei competitors» ai cambiamenti di costume. Numeri alla mano, il quadro è quello di un Paese in cui, volendo fare una media, si va al cinema poco più di due volte l'anno e solo una volta ogni tre anni al teatro. Con una sproporzione netta tra il Nord, dove avviene oltre la metà della spesa generale (53 per cento) e il resto dell'Italia, in particolare Sud e isole, dove si consuma solo il 22 per cento della spesa nazionale. Nel 2005, conta la Siae, gli italiani hanno speso in totale per gli spettacoli poco più di un miliardo e mezzo di euro (1.545.064,6519), quasi cento milioni in meno rispetto al 2004 un po più di venti in meno rispetto al 2003. E il dato è ancora più forte se si ragiona in tempi più lunghi e in valori attualizzati: il confronto tra il 2005 e il 2001, indicano le tabelle, denuncia una flessione nella spesa di oltre 200 milioni. A soffrire è certamente il cinema, per il quale nel 2005 gli italiani hanno speso oltre 50 milioni di euro in meno (-8,6 per cento) rispetto al 2004.
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