Politica

«Siamo salvi e stiamo bene Scusateci per il disagio»

Giacomo Susca

Le loro voci, finalmente. Dopo dieci giorni di titoli sui giornali, solo un fiume di ipotesi nel deserto. «Sto bene. Stanno tutti bene. Anzi, scusateci voi per il disagio che abbiamo creato». Il primo a parlare con i propri familiari è Michele Barrera, 72 anni di Alpignano (To), il veterano del gruppo. Ottico in pensione, con la passione per i viaggi d’avventura, «il giramondo che ama la gente» come riferisce chi lo conosce. Il figlio Andrea ai suoi nipotini aveva detto una bugia: «Il nonno è in Egitto. Sta partecipando a una caccia al tesoro». Ieri, a liberazione avvenuta, Andrea Barrera ha potuto raccontare che il nonno ha vinto la partita. «Gli ho parlato - conferma il figlio di Barrera -. Mio padre è un uomo straordinario. Ha persino chiesto scusa per il disagio che ci ha procurato in questi giorni. Assurdo! Ciò che conta e che presto sarà a casa, di nuovo con la sua famiglia. Ci ha rassicurato dicendo che stava bene, anzi che stavano bene tutti». Ma ci sono stati momenti tremendi. «Da laggiù piombavano notizie drammatiche. Anche allora, però, venivamo avvertiti in maniera tempestiva dalla Farnesina, che cercava di rendere il tutto meno drammatico». Il messaggio più atteso è arrivato nelle case dei parenti poco prima di mezzogiorno, mentre in tv andavano i tg satellitari a ciclo continuo. Ad avvisare le famiglie, i funzionari dell’Unità di crisi del ministero degli Esteri. Sono squillati quasi in contemporanea i telefoni dei familiari piemontesi, che aspettavano la buona notizia da un momento all’altro e intanto temevano il peggio. Così è successo a Davide De Matteis, figlio di Mirella de Giuli, la 70enne di Torre Pellice in balia dei predoni: «Prima è uscita una notizia da un’agenzia di stampa africana. Nel giro di un quarto d’ora, attorno a mezzogiorno, ha chiamato il ministero. «Mi hanno informato che hanno prelevato tutti con un elicottero diretto a Il Cairo. Così la rivelazione è diventata ufficiale: mi sono tolto un grosso peso dallo stomaco». Un sospiro di sollievo, dunque: «Siamo felici che tutta questa storia sia finita nel migliore dei modi - continua Davide -. Non abbiamo mai perso la speranza, ma abbiamo avuto paura, è vero. Adesso siamo tranquilli, soprattutto dopo aver sentito direttamente da mia madre che sta bene». E poi la convinzione: «Sono sicuro che non smetterà di viaggiare, neanche dopo questa... chiamiamola disavventura».
A casa Paganelli, il suono giunge un po’ disturbato, metallico. Ma Giuseppe, fratello di Lorella, non ha dubbi. Dall’altra parte del filo c’è proprio lei, la 48enne bancaria dell’Unicredit di Venaria, fino a pochi attimi prima nella carovana dei sequestrati assieme al compagno Walter Barotto, ex imbianchino. Sono bastati quei pochi istanti al telefono, per riportare la serenità. «Mia sorella sta bene. L’ho sentita al telefono e mi ha rassicurato sulle sue condizioni di salute - racconta Giuseppe -. Adesso non ci resta che andare a prenderla all’aeroporto. Non vediamo l’ora di riaverla con noi». Quella appena trascorsa è stata una settimana terribile per le famiglie degli ostaggi, lontani migliaia di chilometri dal fronte della trattativa e per giunta tartassati da ridde di voci spesso incontrollate. «Ci sono stati momenti in cui lo sconforto stava per prendere il sopravvento - aggiunge Giuseppe Paganelli -. Ma ora dobbiamo dire grazie alla Farnesina: ci hanno sempre tenuto aggiornati e questo ci ha messo al riparo dalle notizie a volte negative che arrivano dai telegiornali. Sapevamo sempre tutto in anticipo». Si risolve, allora, anche il giallo delle mancate comunicazioni ai parenti. Alla Aleramo Viaggi, l’agenzia astigiana che aveva organizzato il tour (per circa 2mila euro), ammettono: «Siamo molto sollevati dall’esito positivo della vicenda - dice Walter Balsamo, uno dei responsabili -. L’obiettivo principale è stato raggiunto, ci piacerebbe avere qualche dettaglio in più».

Dalle 3 di stanotte, dopo aver riabbracciato in proprio cari, è anche il pensiero di cinque famiglie piemontesi che provano a tornare «normali».

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