Sicilia, l’Unione non trova l’accordo e l’Ulivo scompare già dalle schede

Marianna Bartoccelli

da Roma

È inutile cercare tra i 51 simboli presentati all’ufficio elettorale della Regione siciliana il ramoscello d’ulivo. Proprio nessuna traccia. Neanche come simbolo di opzione. C’è il simbolo della Margherita, quello dei Ds, e quello dei repubblicani della Sbarbati. Ogni simbolo rappresenterà la sua lista pronta entro il 28 aprile.
Insomma l’Ulivo, la lista unitaria della sinistra, presentata come futuro prossimo, in Sicilia già fa flop e scompare dalle schede elettorali per le prossime regionali. La motivazione ufficiale è quella tecnica: in Sicilia il sistema elettorale, approvato anche a seguito di un referendum che ha raggiunto il quorum del 17%, prevede il proporzionale con lo sbarramento del 5%. E così la contabilità elettorale prende il sopravvento sulla politica e si dà l’addio al partito unico prima che nasca. Ma non è solo questa la sorpresa della prossima scadenza elettorale siciliana. Ieri è stata annunziata la candidatura di Miccichè a presidente dell’Assemblea regionale, incarico coperto da Guido Lo Porto, uomo di punta di An. Forza Italia adesso rivendica un ruolo di primo piano nel gotha istituzionale e Miccichè ha già dichiarato che rinunzierà al seggio di deputato per puntare alla carica di presidente del Parlamento siciliano, ricandidandosi come numero uno di Forza Italia. La notizia non è piaciuta ad An, che dava per scontato che anche stavolta la poltrona di Palazzo dei Normanni sarebbe stata rioccupata da Lo Porto. «Il popolo siciliano ci ha chiesto, con il nostro successo elettorale, di governare - ha spiegato Angelino Alfano, coordinatore regionale di Fi - e siccome siamo persone leali, non rivendichiamo la presidenza del governo. La presidenza dell’Ars ci sembra il modo più trasparente per rispondere al popolo siciliano».
La resistenza più forte all’ipotesi di Miccichè arriva da Raffaele Lombardo: «Per le cariche di governo e per l’Ars non ci sono mostri sacri. Devono essere affidate secondo il criterio di proporzionalità». Lo sbarramento del 5%, crea non pochi problemi tra i piccoli partiti, che si sono federati sotto un unico simbolo, quello dell’Aquilone, tutti uniti inizialmente nel sostegno per la Borsellino alle primarie. Attacca Nuccio Cusumano, capogruppo dei mastelliani a Montecitorio, che accusa la Quercia e la Dl di «posizioni egoistiche» e di tendere a emarginare le forze minori, in particolare Popolari-Udeur, che in Sicilia hanno raggiunto più del 3%.
Continuano i comunisti di Rifondazione che stanno nell’Aquilone con l’Idv di Di Pietro. Prc (che in Sicilia ha raggiunto quasi il 5%) ha posto i primi i primi veti in direzione socialista.

Pare che non venga accettata la dicitura Rosa nel pugno, visto che l’accordo iniziale era con lo Sdi e che vengano poste delle limitazioni sulle scelte dei candidati. Quelli di Rifondazione minacciano di candidarsi anche da soli visti i risultati alle nazionali. Nel frattempo, insieme ai ds, invitano Totò Cuffaro a ritirare la candidatura.

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