Sicurezza, dalla Regione lacrime di coccodrillo

Rino Di Stefano

La Regione Liguria si riempe la bocca parlando di sicurezza, ma nel concreto non fa nulla per rendere più vivibile il territorio e ha ridotto drasticamente i fondi destinati ai sistemi anti criminalità per i negozi. Una situazione, quest’ultima, particolarmente pesante in questo periodo che vede i residenti del centro storico scendere in strada a protestare per l’ultimo delitto che ha insanguinato i carruggi. A denunciare l’operato della Giunta regionale, come a suo tempo fece il Giornale, è ancora una volta Gianni Plinio, capogruppo di An, il quale ha colto l'occasione del convegno «La sicurezza urbana come bene pubblico», promosso dalla stessa Regione e svolto ieri a Palazzo Ducale, per denunciare l'operato di Burlando e compagni. «La Regione Liguria in materia di sicurezza urbana fa solo chiacchiere! - accusa Plinio - Gravi sono le responsabilità politiche anche della Giunta Burlando per l'escalation criminale nei vicoli del centro storico genovese. La precedente amministrazione di centrodestra aveva stanziato 3 milioni di euro per contribuire alla installazione di sistemi di sicurezza nei negozi e nelle imprese ed un milione e seicentomila euro erano riservati a Genova con particolare riferimento alla città vecchia. La Giunta di centrosinistra ha, invece, ridotto del 70 per cento i fondi destinati ai moderni sistemi di videosorveglianza, di blindatura e di allarme privilegiando il finanziamento a pioggia a favore dei soggetti più diversi per promuovere - tra seminari, corsi educativi e convegni come quello odierno - solo ed esclusivamente degli inutili bla bla bla». Le accuse di Plinio non sono infondate. Da sempre la sinistra si rifiuta, con diversi pretesti, di intervenire contro la criminalità che alberga da anni nei vicoli. Per ragioni puramente ideologiche, e cioè credere che nei carruggi esista una specie di sottoproletariato urbano che campa come può ai limiti della legalità, di fatto le amministrazioni hanno sempre lasciato che il centro storico diventasse una specie di zona franca dove la microcriminalità poteva prosperare in barba a qualsiasi legge. Da qualche tempo, però, le cose stanno cambiando. Infatti è il caso di dire che in questi ultimi anni i genovesi si stanno riappropriando dei loro carruggi e non concedono più spazio a tutta quella pletora di delinquenti nostrani e d'importazione che proprio nel centro storico avevano creato un'area off limits. Sempre più spesso, ormai, i balordi sono costretti a convivere con persone del tutto normali che non gradiscono per niente di rischiare una coltellata tornando a casa la sera. E sono proprio questi cittadini, adesso, a bussare alle porte di palazzo Tursi chiedendo la fine del disinteresse comunale. Non ci si può quindi stupire se poi movimenti come «Destra per l'Italia-Patria e Tradizione» avviano raccolta di firme per far intervenire l'esercito nelle zone a rischio. «An chiede di ridiscutere gli interventi previsti dalla legge regionale sulla sicurezza insieme con prefettura e vertici delle forze dell'ordine al fine di acquisire utili e valide indicazioni - propone Plinio - Invitiamo, altresì, la Giunta a riprendere e sostenere, così come fece la precedente amministrazione, gli operatori commerciali che sono da sempre gli obiettivi primari della delinquenza e del racket con accesso preferenziale ai contributi per chi opera in aree a particolare rischio come quelle del centro storico genovese, ma anche in quartieri popolari come il Cep di Prà, la Diga di Begato e certe periferie a più elevata incidenza criminale». Da parte sua, la Regione Liguria, chiamata pesantemente in causa, si limita a buttare acqua sul fuoco. «Nel centro storico di Genova non ci sono centinaia di persone che delinquono - replica Claudio Montaldo, assessore alla Sanità con la delega del centro storico - ma gruppi più o meno vasti di bande. Per questo noi confidiamo nella collaborazione tra cittadini, enti locali, forze dell'ordine per un'azione investigativa in grado di estirparle». Ma qual è la ricetta della Giunta Burlando per giungere alla soluzione del problema? «Il presidio del territorio - risponde Montaldo sfoderando il mai cambiato stile della sinistra all'ombra della Lanterna - incomincia dalla gestione congiunta dei processi tra tutti i soggetti e dalla creazione di iniziative e di un mare di vita per espellere fenomeni negativi che non saranno mai definitivamente estirpati». Un messaggio, questo, che tradotto in italiano corrente vuol dire che le amministrazioni si arrendono alla delinquenza ancor prima di combatterla. Anzi, la considerano già una battaglia persa. E infatti poi Montaldo spiega che la Regione stanzierà 3 milioni di euro in progetti di recupero sociale e urbano per accrescere la vivibilità nelle aree degradate. Peccato, però, che non si parli di istituire commissariati locali, di controllare il flusso di immigrati irregolari, di pattugliare le strade e di usare quella «tolleranza zero» verso il crimine che ha permesso ad un sindaco come Rudolph Giuliani di combattere e vincere la sua battaglia contro la criminalità locale in una metropoli come New York.

Da noi, per dirla alla Pericu, «il centro storico non si deve blindare». Dopotutto, pensano a Tursi, se c'è delinquenza la colpa è sempre della società. E il pensiero che ci sia qualcuno che delinque per il solo piacere di farlo, non li sfiora nemmeno.

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