Siete fondenti o al latte?

di Camillo LangoneDestra o sinistra, mare o montagna, Beatles o Rolling Stones, Mac o Pc, camicia fuori o camicia dentro... Dio mi perdoni ma nonostante il «non giudicate e non sarete giudicati» prescritto dal Vangelo una delle mie attività preferite è proprio quella di giudicare il prossimo, attraverso le informazioni di cui di volta in volta dispongo: politiche, turistiche, musicali, tecnologiche, vestimentarie... Purtroppo sono parametri vecchiotti o comunque poco efficaci, per fortuna adesso c'è una dicotomia che pare fatta apposta per analizzare psicologicamente le persone: cioccolato fondente o cioccolato al latte? L'uomo è ciò che mangia, diceva quel filosofo, tuttavia non sono ancora riuscito a cogliere differenze sostanziali tra chi preferisce la pasta lunga e chi la pasta corta. Mentre chi sceglie il cioccolato amaro mi appare molto diverso da chi sceglie il cioccolato dolce. Il tipo da fondente si preannuncia rigoroso, innanzitutto con sé stesso. Nessuno nasce con voglia di amarognolo e lo dimostrano i bambini, abituati al lattosio materno: provate a somministrare all'infante una prestigiosa e costosa massa di cacao, ossia cacao 100%, e vedrete gli sputi e le smorfie. (Anzi, non provateci proprio: i pediatri avvisano che il fegato infantile non è ancora in grado di metabolizzare il cacao). Per sopportare l'amarezza del cacao puro o quasi puro bisogna aver sfidato le amarezze della vita. Il fondente, specie se con percentuale superiore al 70%, richiede un allenamento del gusto, un'educazione sensoriale, un impegno, viceversa il cioccolato al latte si abbina all'autoindulgenza, al lasciarsi andare, alla regressione. Il tipo da latte è un po' come il bambino coi denti da latte, non ha un regime alimentare definitivo, ha un ampio margine di evoluzione, si concede (o gli vengono concessi) ancora dei capricci.Disgraziatamente, e uso questo avverbio da militante della differenza sessuale, fondente e latte hanno smesso di alimentare gli stereotipi e di fornire informazioni riguardo il genere: oggi molte donne apprezzano il fondente, anche extra, e molti uomini non si vergognano di prediligere il cioccolato amabile, magari con le nocciole. Credo che qualche anno fa una ricerca di questo tipo avrebbe dato risultati diversi, un tempo i maschi si sarebbero guardati bene dal dichiararsi bisognosi di dolcezza e quello al latte lo avrebbero mangiato di nascosto, sottraendolo a mogli e figli. Tutto cambia. Amici della cui virilità non ho ragione di dubitare mi hanno perfino detto di preferire il bianco, che i raffinati aborrono, mentre donne di aspetto molto femminile giurano di stravedere per la massa di cacao, che nella scala della dolcezza si situa all'estremo opposto. Anche se forse in quest'ultimo caso c'è un calcolo dietetico: una tavoletta priva di zucchero significa tanta energia e niente grasso... Spero di sbagliarmi ma sospetto che la tipa da cioccolato puro sia una donna determinatissima, una salutista stoica, un'ambiziosa concentrata sui propri obiettivi: una donna da temere.

E io che giudico tutti, sulle base delle mie preferenze cioccolatose come dovrei giudicarmi? Siccome nulla di ciò che contiene cacao mi è alieno, siccome apprezzo i piccoli, sofisticati produttori piemontesi, romagnoli, toscani, siciliani, eppure non disdegno le tavolette Lindt che trovo al supermercato, siccome sono a seconda dei giorni e delle situazioni tipo da latte e da fondente, da nero nerissimo o da marroncino pallido, in certi momenti perfino da gianduia, mi giudicherei un ingordo e un opportunista. E andrebbe benissimo: il cioccolato è un vizio talmente bello che è un peccato travestirlo da virtù.

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