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Silvio, i due cammelli e il Colonnello: la vera storia dell’amicizia con Gheddafi

RomaL’ultima volta si erano promessi amicizia «eterna» e canali di investimento «privilegiati» nel paesaggio lunare del deserto della Sirte. Erano i primi di marzo e il patto tra Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi era stato suggellato sotto l’immancabile tenda - la stessa che il Colonnello è riuscito a piantare anche agli Champs Elysèes e a Villa Pamphili - con tanto di scambio di doni. Un trittico di Murano per il leader libico, un abito berbero e due cammelli per il premier. Con tanto di foto di rito, con il Cavaliere e Gheddafi a stringersi la mano con cammelli al seguito. Passati cinque mesi i rapporti tra Italia e Libia si sono ancor più stretti, prima con la storica tre giorni di Gheddafi a Roma e poi con l’invito di Berlusconi a partecipare al G8 dell’Aquila. Un palcoscenico che Gheddafi non ha certo rifiutato, portandosi a casa una stretta di mano con Barack Obama che ha fatto il giro del mondo.
Insomma, rapporti diplomatici ottimi, seguiti da investimenti in Libia per miliardi di euro. Non solo Eni, Enel, Finmeccanica, Impregilo e Telecom, ma anche la promessa di una «zona franca» (con sgravi ed esenzioni fiscali) a tutte le imprese italiane. Eppure sembra che da Tripoli sia filtrato un certo fastidio verso la diplomazia italiana. Pare per colpa della cammella e del suo puledrino che dopo le foto di rito sono state lasciate in quel di Sirte. Il Colonnello non avrebbe gradito, perché tradizione vuole che i doni si portino a casa e perché il cammello è regalo riservato solo ai grandi amici (Giorgio Napolitano, per capirci, s’è dovuto accontentare di una sella). In verità, lo racconta anche chi accompagnava il premier nella visita in Libia, s’è sempre parlato di «regalo simbolico». Anche perché, va detto, è dura far salire due bestioni da 400 chili l’uno su un volo di Stato. Insomma, al di là della stravaganza e dell’eccentricità di Gheddafi - che, per dirne una, fece fermare il corteo che lo portava all’Aquila e passeggiò per 20 minuti sull’autostrada con tanto di ombrello per il sole - la storia ha dell’incredibile. E rientra in quella «diplomazia dell’elastico» che tanto piace al Colonnello. Uno che non si accontenta mai se ancora ieri stava a recriminare sulla dominazione coloniale italiana che, per capirci, nel 2011 sarà ormai roba vecchia di un secolo. Ora che le nostre scuse sono state accettate - a Sirte Berlusconi ratificò davanti al Parlamento libico il Trattato d’amicizia approvato anche da Camera e Senato - Gheddafi gioca dunque su altri fronti. E forse butta lì qualche accelerazione dopo la profonda indignazione internazionale per l’accoglienza riservata ad Abdel Baset al Megrahi, il terrorista libico condannato per la strage di Lockerbie acclamato giovedì scorso a Tripoli quasi fosse un eroe nazionale.
È questo, infatti, il clima nel quale le due diplomazie stanno preparando la visita del Cavaliere in Libia in programma il 30 agosto. Un momento decisamente delicato se la Gran Bretagna sta addirittura pensando di annullare per protesta il viaggio a Tripoli del principe Andrea previsto per settembre e se la Casa Bianca non ha nascosto la propria «indignazione» per l’ennesima provocazione di Gheddafi. Berlusconi, però, è intenzionato ancora una volta a scegliere la via della realpolitik. La stessa che l’ha portato a chiudere definitivamente il contenzioso coloniale che andava avanti da quasi un secolo aprendo un importante canale d’investimenti con la Libia. E non solo, visto che nell’ultimo anno il governo italiano ha puntato molto sugli accordi commerciali con i Paesi che danno sul Mediterraneo: dalla Tunisia all’Egitto fino alla Turchia. Con Eni che gioca certamente un ruolo chiave, non solo con il gasdotto South Stream ma anche perché sono ormai cinquant’anni che il cane a sei zampe è sbarcato in Libia.
A Tripoli, dunque, il Cavaliere ci sarà. Una visita di poche ore in pieno Ramadan per celebrare il primo anniversario dell’Accordo di amicizia tra i due Paesi siglato un anno fa a Bengasi. E al termine della quale dovrebbe cenare con Gheddafi e posare simbolicamente la prima pietra di quell’autostrada che da tempo il Colonnello chiede all’Italia come segno «tangibile» di pentimento per la stagione coloniale. Sul tavolo, anche alcune questioni interne. Di certo, la querelle sugli sconfinamenti dei pescherecci italiani in acque che la Libia considera territoriali. Eppoi la conferma del patto anti-immigrazione che, nonostante la ripresa dei flussi delle ultime settimane, ha comunque prodotto ottimi risultati.

Dalla sigla degli accordi a maggio, infatti, gli sbarchi sono stati circa mille contro i diecimila registrati nello stesso periodo dello scorso anno.

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