RomaCon spietata lucidità un anonimo pidiellino la analizza così: «La stoccata al partito ci sta tutta, ma la frase di Berlusconi sullo spalancare le porte a forze fresche che vogliono dedicarsi al bene del Paese... Se avesse avuto davanti i cosiddetti vecchi avrebbe detto Non possiamo rinunciare alla vostra esperienza». Operazione di marketing o meno, al Cavaliere restano indigeste le cene dei suoi che la settimana scorsa hanno preso dassalto i ristoranti romani per attovagliarsi gli uni contro gli altri. Il risultato è stato deleterio: ne è uscita unimmagine del partito lontana mille miglia da ciò che vorrebbe il premier. In effetti spesso il Cavaliere ha confidato ai suoi: «I nostri elettori sono molto più avanti della classe politica. Sono visceralmente bipolaristi e ci vogliono uniti. Siamo e dobbiamo essere un popolo, un movimento. Non un partito». La pensa ancora così.
Peccato che le correnti continuino a farsi sentire anche nel mare pidiellino. In principio furono quelli di «Liberamente», teste pensanti aventi per faro i giovani ministri azzurri Frattini, Prestigiacomo, Carfagna, Gelmini. Ignari che il gelido Fini avesse già pianificato laddio al Pdl sudarono inutilmente sette camicie affinché Silvio e Gianfranco facessero pace. Sforzo ambizioso quanto vano, auspicato, tra gli altri, anche da Gianni Letta. Berlusconi li stoppò: discutere sì, dividersi no. Poi, più di recente, i mal di pancia di Scajola e gli scajoliani. Lex ministro finito in freezer per i guai della casa al Colosseo vuole ri-contare o nel governo o nel partito. E via a cavalcare quello che non va: il consenso eroso, il messaggio politico che non fa breccia abbastanza, il deficit sul territorio, il «non scaldiamo più i cuori della gente». E quindi dai con i vertici, i patti, gli incontri, le riunioni. Lex ministro è arrivato pure a prospettare a Berlusconi «gruppi autonomi» ma mai contro Silvio, sintende.
Per non parlare della galassia ex aennina che di stelle e pianeti ne ha sempre avuti un bel po. Daltronde lex partito di via della Scrofa di correntismo era malato e le spaccature le hanno nel dna. Qui Gasparri e La Russa sono i «lealisti», i pidiellini doc, quelli coi galloni. E proprio per questo sono stati messi nel mirino dagli altri ex camerati più che dagli ex azzurri. Alemanno e gli alemanniani, Matteoli e matteoliani, Augello e gli augelliani. A dire il vero il più contestato è stato il ministro della Difesa mentre Gasparri sè ritagliato il ruolo di mediatore. Insomma, è tutta una fibrillazione, un distinguo. Pare che lultima cena tra ministri e big del partito di giovedì scorso sia stata quella della tregua. Armata però. E quando vede che partono le sgomitate tra i suoi, Berlusconi spariglia. Ecco perché quellocchieggiare al movimentismo del Pdl, quasi a legittimare una sorta di «correntone» berlusconiano capace di travolgere i troppi spifferi che fanno male al partito. Ogni volta che il Cavaliere annusa egoismi e turbolenza lascia spazio alla Brambilla. È accaduto con i promotori, si ripete con il popolo dei «commercialisti» allEur. È il sistema anti spifferi del premier. Le porte aperte ai nuovi per disinnescare il mal di pancia dei notabili. E come lui stesso riconosce: «La Brambilla non sbaglia un colpo, purtroppo...».
Le ragioni di fondo di tutte queste «doglianze» sono le ambizioni personali, acuite dallinnesto nella maggioranza del pattuglione dei responsabili. Truppe che peraltro, dovrebbero aumentare visto che allorizzonte si segnalano altri addii tra le fila dellopposizione. Berlusconi esulta, i berlusconiani meno. Il ragionamento non fa una grinza: «Ma come? Tutti questi verranno premiati e io, da sempre fedele? Nulla?». Sul piatto non ci sono soltanto posti di ministro, viceministro e sottosegretario ma anche la semplice rielezione. Ecco perché, non da ieri, è partita la moral suasion nei confronti del Cavaliere: il Pdl non lo mette in discussione nessuno ma occorre una bella siringata di democrazia. E il Cavaliere ha accettato.
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