Roma - La parola d’ordine che risuona dentro il Pdl, alla vigilia di una settimana delicatissima, è sempre la stessa: «Dopo Berlusconi c’è solo il voto». Fino a qualche tempo fa sarebbe apparsa una banalità, una certificazione dell’ovvio. Ma nelle ore roventi dell’offensiva mediatico-giudiziaria sul caso Ruby, con la pressione esterna ai livelli forse più alti dell’intera parabola storica del berlusconismo, la tenuta della maggioranza è sicuramente un importante punto a favore del premier.
La raccomandazione che Silvio Berlusconi ha consegnato a ministri e dirigenti del partito è chiara: «Tenete duro, lasciate trascorrere la prossima settimana e vedrete che emergerà tutta la violenza dell’inchiesta. La gente sta comprendendo quello che sta accadendo». Un messaggio inizialmente accolto con perplessità da qualcuno dei colonnelli, preoccupati che l’imperativo dell’ottimismo potesse trasformarsi in un boomerang, in una sorta di bunker del sorriso. Ma prima la tenuta nei sondaggi, poi le file spontanee ai gazebo dei militanti hanno fatto capire a tutti che la maggioranza può davvero giocare la propria partita politica e spostare gradualmente il piano dell’attenzione pubblica verso l’azione di governo.
Lo stesso premier è apparso rinfrancato per le risposte arrivate dai «quarantenni», quelli che per ragioni anagrafiche potrebbero essere maggiormente toccati da una eventuale caduta della sua leadership. Alla prova dei fatti le avances e gli abboccamenti terzopolisti indirizzati soprattutto ad Angelino Alfano e Franco Frattini si sono risolti, una volta di più, in un vano esercizio verbale. La «lettera aperta ai cattolici italiani», firmata da Gaetano Quagliariello, Maurizio Gasparri, Maurizio Sacconi, Eugenia Roccella, Mario Mauro, Alfredo Mantovano, Maurizio Lupi, Roberto Formigoni e Raffaele Calabrò, ha mostrato come anche i credenti abbiano scelto di metterci la faccia piuttosto che rifugiarsi nella melina o in timide difese d’ufficio. Come se non bastasse, a chiudere il cerchio, è arrivata la lettera aperta degli ex colonnelli di An, uniti in un documento politico che si può riassumere in due parole: orgoglio e compattezza. Per questo chi ha sentito il premier nel fine settimana ha raccolto la sua soddisfazione per la prova offerta dal partito, per i messaggi pubblici, gli attestati di fedeltà e per l’ottima riuscita della manifestazione di Milano.
La strategia è quella di un contrattacco ragionato. Per dirla con Maurizio Gasparri «deve risultare chiaro che il Pdl ha una strategia di lunghissimo periodo, è tuttora il principale riferimento dei cattolici e non accetta il moralismo di chi ha tradito, fin dal 2004 con il referendum sulla fecondazione assistita, quei valori». Naturalmente la consapevolezza di dover affrontare trappole parlamentari immediate e insidiose non manca. Per questo si inizia a fare di conto sulle presenze in aula in vista della mozione di sfiducia a Bondi, prevista per metà settimana. Si punta a raggiungere quota 312, soglia considerata di sicurezza anche perché nell’opposizione potrebbero esserci alcune assenze strategiche.
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