Silvio: quest’anno la brutta estate tocca a Fini

Il relax del premier a palazzo Grazioli e Tor Crescenza: "una meraviglia" rispetto a 12 mesi fa, tra Noemigate e caso D’Addario. Secondo i rumors, Napolitano è preoccupato per la tenuta del presidente della Camera. E ha chiesto informazioni sull’inchiesta

Silvio: quest’anno la brutta estate tocca a Fini

Roma Manca Audrey Hepburn, è vero. Ma le Vacanze romane del Cavaliere non potevano comunque andare meglio. Una «meraviglia», confida lui ad un’amico di vecchia data. Un po’ perché cancellano il ricordo della scorsa estate, quella passata tra Arcore e Villa Certosa rincorso dal Noemigate e dalla vicenda D’Addario. Un po’ perché il castello di Tor Crescenza gli permette quel relax che difficilmente può trovare tra le quattro mura di Palazzo Grazioli, in mezzo a traffico e smog. Così, prima di fare un po’ di shopping per le vie del centro, anche ieri il Cavaliere ha deciso di concedersi due ore nella tenuta di Sofia Borghese, nonostante si dica che la passione per la reggia quattrocentesca lo stia un po’ abbandonando. Ma a contribuire all’umore vacanziero ci sono anche le traversie di Fini, sempre più in difficoltà per l’ormai nota vicenda dell’appartamento di Montecarlo. Se in pubblico tace, in privato Berlusconi non manca infatti di cogliere il lato ironico della faccenda: quest’anno - è il senso delle sue parole - toccherà a lui passare una brutta estate.
Sull’inchiesta lanciata giorni fa da Il Giornale e ormai finita su quotidiani, settimanali e tg di tutto il Paese l’ex leader di An continua infatti a tacere. Alimentando - anche in chi vede in Fini il grimaldello per far cadere il Cavaliere - più d’una perplessità. E pure Napolitano, racconta il sempre ben informato Dagospia, sarebbe «molto preoccupato per la tenuta della terza carica dello Stato» al punto dall’avere chiesto informazioni accurate sull’inchiesta. D’altra parte, nella maggioranza sono stati in molti - compreso il ministro dell’Interno Maroni - a invocare le dimissioni di Fini e qualcuno inizia a sospettare che la sua poltrona possa non essere così salda come sembrava una settimana fa. Chissà, ragionava con i suoi il premier, se riuscirà a reggere fino a settembre. Un Berlusconi a cui è rimasto impresso soprattutto un passaggio dell’intervento del vicecapogruppo finiano Della Vedova durante il voto sulla mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo: voglio dare atto a Scajola di essersi dimesso opportunamente pur senza un avviso di garanzia.
Un’estate d’attesa, dunque. Degli eventuali sviluppi che riguardano Fini e soprattutto della ripresa dei lavori della Camera, il solo campo di battaglia dove si potrà consumare lo scontro finale. Nelle more, le colombe stanno tentando l’ultima mediazione tra Pdl e Fli. Una trattativa nella quale il Cavaliere ripone le stesse speranze che ha un quindicenne che si presenta a un’interrogazione dopo essere stato in discoteca fino all’alba. E infatti dopo una sola giornata di ambasciate, già si colgono i primi cedimenti. All’auspicio del capogruppo alla Camera del Fli Bocchino - spero in «un passo indietro dei tre coordinatori del Pdl» e nella loro sostituzione con «tre colombe come Alfano, Gelmini e Meloni» - non può infatti che replicare un vero e proprio fuoco di sbarramento del Pdl. Non fosse altro perché giovedì scorso il Cavaliere ha tentato seriamente il blitz e l’operazione è stata messa in stand by solo dopo le durissime proteste di La Russa e Verdini. Bocchino, insomma, mette il coltello nella piaga. E le repliche non si fanno attendere. Dal vicepresidente dei deputati Napoli (che lo invita a non dare «consigli in casa d’altri» perché «non sono affatto apprezzati») al sottosegretario Giro (che parla di «una provocazione che è anche un presagio» di elezioni anticipate). Con Bondi, unico dei tre coordinatori a replicare a Bocchino.

Anche per lui si tratta solo di una «provocazione», in qualche modo attesa visto che «la nomina di Bocchino a capogruppo del Fli non può certamente essere letta come la volontà di instaurare un clima sereno di confronto». Detto questo, «non sarò certamente io a frappormi, così come gli amici Verdini e La Russa, ad un ulteriore rinnovamento del partito quando sarà il momento».

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