Roma - Le ultime ore a villa Certosa, in Sardegna, Berlusconi le passa al telefono per preparare il vertice italo-francese di questa mattina. Un summit, quello di villa Madama, che va organizzato con cura per togliere un po’ di ruggine nei rapporti tra i due Stati. Tre gli argomenti caldi: immigrazione, crisi libica ed economia. Che i temi siano questi è reso evidente dai partecipanti al bilaterale: oltre al premier Silvio Berlusconi, al presidente Nicolas Sarkozy, e al premier francese Francois Fillon, parteciperanno i ministri dell’Interno Roberto Maroni e Claude Gueant, degli Esteri Franco Frattini e Alain Juppe, e dell’Economia Giulio Tremonti e Christine Lagarde.
Per quanto riguarda il capitolo immigrazione la nostra diplomazia ostenta ottimismo. «Tra Roma e Parigi c’è molta più collaborazione di prima. Si sta lavorando affinché si arrivi a istituire un tavolo tecnico capace di riunirsi periodicamente al fine di affrontare l’emergenza. Ne parlerà Sarkozy domani (oggi per chi legge, ndr) in conferenza stampa». L’obiettivo del vertice è quello di stilare una lettera congiunta, firmata da Sarkozy e Berlusconi, da spedire alle istituzioni europee sul tema clandestini, in vista del Consiglio europeo del 24 giugno. Il fine è quello di rafforzare il ruolo di Frontex, l’agenzia per il controllo delle frontiere. Inoltre si vorrebbero ottenere maggiori aiuti dalla Ue e più flessibilità nell’utilizzo dei fondi da parte dei Paesi membri.
Certo, il flusso imponente di immigrati che preme dal nord Africa ha creato non pochi problemi tra i due Stati ma, giurano dalla Farnesina, «le tensioni si stanno stemperando». E questo nonostante ieri il consigliere di Nicolas Sarkozy, Henry Guaino, abbia lanciato una frecciata al nostro Paese attraverso un’intervista a Le Monde: «Il fatto che l’Italia abbia lasciato passare i migranti nordafricani pone un problema. E se lasci entrare (i migranti, ndr) senza consultarti, senza associarti con i tuoi partner, dopo non puoi mandare dal tuo vicino tutti quelli che hai lasciato entrare». Una frecciata che aggiunge pepe al vertice, anche se lo stesso diplomatico francese assicura che «tenteremo di trovare una soluzione comune e nessuno può sopportare da solo il peso dei flussi migratori». Scaramucce diplomatiche? Forse.
Di fatto arrivano dopo che tra Roma e Parigi c’è stato il gelo. La Francia ha accettato il cappello multilaterale alle operazioni militari in Libia, fortemente voluto dall’Italia. Una prudenza, la nostra, che in materia di operazioni belliche ha dato non poco fastidio ai cugini d’Oltralpe. E proprio sulla gestione del conflitto in Libia si segnalano posizioni non esattamente sovrapponibili. Francia, Gran Bretagna e Usa vorrebbero intensificare i bombardamenti per far sì che la guerra sia il più breve possibile. La motivazione è quella di non rimanere impantanati nella palude libica col rischio di dar fiato alle cellule di Al Qaida. Fare presto, insomma; ma soprattutto provocare l’uscita di scena di Gheddafi, vivo o morto. In palio c’è la gestione del dopo raìs.
E qui si gioca l’altra partita, quella prettamente economica, sul post conflitto. Parigi vorrebbe ritagliarsi un ruolo di partner privilegiato anche perché in ballo ci sono contratti petroliferi che valgono oro. E sia. Ma non a danno di Roma che vorrebbe invece mantenere la propria posizione di prima linea. Un ruolo stabile e storico che va difeso e consolidato.
Ad aggiungere incomprensioni e ruggini, l’atteggiamento che Roma considera «disinvolto» del capitale francese che di recente ha fatto e vorrebbe fare ulteriore shopping nella penisola.
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